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LA BANCAROTTA 413


Pantalone. Cossa fastu che no ti la sposi? Via, Leandro, avanti che me slontana da ti, dame sta consolazion.

Leandro. Se il signor Dottore si contenta...

Dottore. Una volta si dee fare: fatelo ora, se ciò v’aggrada.

Leandro. Che ne dite, Vittoria?

Vittoria. Per me son pronta.

Leandro. Ecco la mano.

Vittoria. Eccovi colla mia la mia fede.

Pantalone. Son contento, vago via contento. Tiò, fio mio, un baso, e a vu, niora, un abbrazzamento de cuor. Voggieghe ben a mio fio, che el lo merita. No vardè che el sia nato da un cattivo pare, perchè quanto mi son sta cattivo, altrettanto Leandro xe bon, el xe bon, de bon fondo, de bon cuor, e per questo el cielo lo agiuta; e mi, che meritava de esser fulmina, per i so meriti son ancora in pie1, e prego el cielo che me daga tanto de vita da scontar i desordeni della mia mala condotta e dei cattivi esempi, che fino adesso gh’ho dà.

Vittoria. Signore, le vostre parole fanno conoscere che siete alfin ragionevole, e insegnate assai più col vostro pentimento, di quello abbiate fatto colla vostra vita passata; poichè l'errore è comune agli uomini, e il ravvedersi è privilegio di pochi.

Pantalone. Mo che parlar! Mo che pensar da putta de garbo! Cossa diseu, muggier? Ah? No i xe miga discorsi de scuffie e de merli de Fiandra.

Aurelia. Non mi mortificate d’avvantaggio. Ammiro la virtù della signora Vittoria, e s’ella mi permette, l’abbraccierò come figlia.

Vittoria. Ed io con figliale rispetto vi bacio umilmente la mano.

Smeraldina. Signori, giacchè Truffaldino è partito, e non spero di vederlo più, voglio sgravarmi di un peso che ho su lo stomaco. Egli mi ha portato in più volte il valore di circa dugento ducati, ma tutto è nella mia cassa, a vostra disposizione.

Pantalone. Vedeu l’effetto della chiave falsa? (a Leandro)

Dottore. Così eh, si tien mano? (a Smeraldina)

Vittoria. Povera ragazza, credeva che fossero cose sue di Truffaldino; le dava ad intendere che le portava del suo.

  1. Savioli e Zatta: piè.