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408 ATTO TERZO


SCENA X.

Margone solo.

Oh che pazzo! È fallito una volta, e non si ravvede. Il cielo l’aiuta, e si mette a far peggio. Può riacquistare il credito, e vuol di nuovo precipitarsi. Questo è il solito di tali uomini sciagurati. Chi fallisce per una disgrazia, merita compassione e si può rimettere: ma chi fallisce per cagione dei vizi, è sempre lo stesso, e non merita nè aiuto, nè compatimento. (parte per la porta della sala)

SCENA XI.

Camera in casa di Pantalone.

Aurelia ed il Dottore.

Dottore. Così è, signora Aurelia: i seimila ducati della sua dote sono depositati in un banco fruttifero al quattro per cento, e rendono all’anno dugento quaranta ducati. Di questo frutto ella sarà padrona fin ch’ella vive; ne potrà disporre da se, farne disporre dal marito o da altri, come vuole, ma si contenterà partire da questa casa, ove ne ella, ne il signor Pantalone vi debbono avere parte veruna.

Aurelia. Come? In casa mia chi comanda?

Dottore. Comanda il signor Leandro per le sue ragioni ereditarie dotali; il rispetto ch’egli ha avuto finora per il padre, lo ha indotto a lasciar ch’egli dominasse ad onta de’ suoi disordini, sperandolo ravveduto; ma vedendo ch’egli si regola peggio che mai nel giorno stesso della sua risorta1, si è stabilito di dar moglie al signor Leandro, mandar in pace il signor Pantalone, acciò la mala vita del padre non rovini del tutto il povero innocente figliuolo.

Aurelia. E che cosa farà il povero mio marito? Anderà prigione? Anderà mendicando?

  1. Così Corciolani, Savioli, Zatta ecc.; Paperini e Gavelli: rissorsa.