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LA BANCAROTTA 405


Clarice. Orsù, signor conte, o che si cambi discorso, o che io me ne vado, e in casa mia non verrete più ne l’uno, ne l’altro.

Pantalone. Gnanca mi? Cossa gh’hoggio fatto?

Clarice. Non voglio che per causa mia fra di voi abbiate ad essere nemici. O pacificatevi insieme, o non pratico più nessuno.

Pantalone. Per mi co sior conte no gh’ho inimicizia. Col me paga el mio contarelo, no voggio altro.

Silvio. Per farvi vedere che dono tutto alla signora Clarice, mi scordo ogni cosa, e in segno di buona amicizia venite qui; sediamo e facciamo un taglio alla bassetta.

Pantalone. A sta ora la vol ziogar1?

Silvio. Per che cosa avete qui preparate le carte? Pantalone, Perchè se qualchedun se stufa, co i altri balla, el possa devertirse a ziogar.

Silvio. Fintanto che si uniscono i convitati, giuochiamo.

Pantalone. Eh, che xe troppo a bonora.

Silvio. Non ha coraggio il signor Pantalone, ha paura di perdere. Quei zecchini gli sono assai cari, ora che ne ha più pochi.

Pantalone. Mi no gh’ho suggizion de settanta o ottanta zecchini. Son capace de metterli tutti su un ponto.

Silvio. Animo dunque, proviamoci.

Clarice. Eh no, lasciate...

Pantalone. Che el ghe ne metta fora altrettanti.

Silvio. No, è troppo tutti in un colpo. Dieci zecchini alla volta. Ecco dieci zecchini. Mettete, come volete. (mescola le carte e fa il taglio)

Pantalone. Fante a diese zecchini.

Silvio. Fante; ho vinto. (dopo aver fatto il giuoco)

Pantalone. Va fante a vinti zecchini,

Silvio. Fante. Ho guadagnato vinti zecchini. (come sopra)

Pantalone. Va sette a diese zecchini.

Silvio. Sette. Voglio dieci zecchini. (come sopra)

Pantalone. Asso, al resto de tutti sti bezzi.

Silvio. Ecco l’asso. Ho vinto. (come sopra)

  1. Paperini ha sempre zogar.