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402 ATTO TERZO


Marcone. Vossignoria non conosce il buono.

Pantalone. Tegnivela a cara, che la xe una cossa particolar.

Marcone. Volete venir in sala?

Graziosa. Gnor sì.

Pantalone. Gh’hala bisogno de gnente?

Graziosa. Gnor no.

Marcone. Fate una riverenza al signor Pantalone.

Graziosa. Gnor sì. (fa una riverenza sgarbata e parte)

Pantalone. Compare, co no gh’ave de meggio, ste mal.

Marcone. Non conoscete il buono, vi dico. E’ una giovine semplice, semplicissima, e non è male ch’ella sappia dire di sì e di no secondo le congiunture. (parte)

SCENA VII.

Pantalone, poi Clarice in maschera ed il conte Silvio.

Pantalone. Per mi digo che la xe una sempia, e che me piase che le donne le sappia dir de no con rason, e dir de sì co bisogna.

Clarice. Eccoci, signor Pantalone, a ricevere le vostre grazie.

Pantalone. Anzi i xe onori, che mi ricevo da ela e da sior conte, che se degna de favorirme.

Silvio. Ringraziate la signora Clarice. In grazia soa ho ceduto il luogo, e ho differito la festa che le aveva già preparato.

Pantalone. L’aveva parecchià una festa e l’ha differida? Meggio per ela, sior conte; la scriva in libro: per tanti sparagnati.

Silvio. Voi ne avete più bisogno di me di scrivere a libro le partite di risparmio.

Pantalone. Ela no sa i fatti mii.

Silvio. Nè voi sapete i miei.

Pantalone. Certo mi non posso dir altro de ela, che quel che parla i mi libri.

Silvio. E questa la gran camera della festa da ballo?

Pantalone. Lustrissimo sior no. Ghe xe un portego grando sie volte come sta camera, ben illumina, con dei sonadori in abbon-