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390 ATTO SECONDO


SCENA XIV.

Pantalone e detti.

Pantalone. (Mia muggier co sto dretto de piazza? Son curioso de saver cossa se contratta). (da sè, in disparte)

Aurelia. Sopratutto che i zecchini siano di Venezia e di peso.

Marcone. Io mi fido di lei ed ella dee fidarsi di me.

Pantalone. (Bezzi? Per diana, che ghe n’avena bisogno anca mi, che siora Clarice me n’ha dà una bona destrigada). (da sè)

Marcone. Settanta e cinque settantacinque; questi sono settantacinque zecchini....

Pantalone. Alto là, patroni. Cossa xe sti negozi?

Aurelia. (Oh maledetto! è capitato in tempo). (da sè)

Pantalone. Coss’è sior Marcon carissimo, che interessi gh’aveu con mia muggier 7

Marcone. Signore, ella vuol vendere questa pezza di broccato, ed io per farle piacere la compro.

Pantalone. Per farghe piaser!

Marcone. Io non sono venuto a pregarla.

Aurelia. E bene, che vorreste dire per questo? (a Pantalone)

Pantalone. Voggio dir, che me maraveggio dei fatti vostri, che in tel caso che se trova la nostra casa, abbiè cuor de tor la roba in bottega e de venderla per buttarla via.

Aurelia. Finalmente la roba di bottega è assicurata dalla mia dote.

Pantalone. Se fare cussì, andarà la dota e la bottega e la casa. Pensè a regolarve, pensè al bisogno che gh’avemo d economia. Ai debiti che un zorno bisognerà pagar. Moderè l'ambizion, scambiè el modo de viver e tolè esempio da mi. Via, mostreve una donna savia e prudente. Aspettè che la sorte se mua per nu e allora poderè soddisfarve; abbiè giudizio, vive con regola e tolè esempio da mi.

Aurelia. Orsù, per causa mia non voglio che dite che siete andato in rovina. Vi lascio il broccato e mi privo di questa soddisfazione, sperando che voi pure farete lo stesso. Ma se