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LA BANCAROTTA 389


Marcone. Oh, non merita questo prezzo. Vi è pochissimo argento. Il drappo è leggiero e anche poco battuto. Al più, al più gli si potrebbero dar tre filippi.

Aurelia. Se lo volessi dare per tre filippi, voi lo comprereste?

Marcone. Se si trattasse di far a lei un piacere, lo comprerei, cioè ne comprerei ventidue braccia per un andriene.

Aurelia. E ventidue sono quarantaquattro. Avanzerebbero sei braccia. Potreste comperare anche i1 sei braccia che restano.

Marcone. Per farne che? basta, per servirla li comprerò a un zecchino al braccio.

Aurelia. Quanto mi verrebbe in tutto?

Marcone. Dei ventidue braccia sedici zecchini e mezzo, e sei ventidue e mezzo.

Aurelia. Datemi il danaro e prendetevi ventiotto braccia del drappo.

Marcone. Ma, favorisca in grazia, se questa sera ha da riscuotere i suoi vestiti, perchè ora vuol farne uno di nuovo, ch’è inferiore dei suoi?

Aurelia. Non mi avete detto che non sono alla moda?

Marcone. Ora mi sovviene che due di essi sono moderni ancor più di questo, e più massicci, e di maggior valore. Non sarebbe meglio che ella si prendesse di tutta la pezza cento e cinquanta filippi?

Aurelia. Cencinquanta filippi non mi sarebbero discari. (Potrei divertirmi alla conversazione). (da sè)

Marcone. (Se me la dà, ne guadagno almeno cinquanta). (da sè)

Aurelia. Sono quasi persuasa di farlo.

Marcone. Ed io son pronto a darle il danaro.

Aurelia. Animo dunque, il negozio è fatto.

Marcone. Misuriamo la pezza.

Aurelia. Misuriamola; ma di me vi potete fidare.

Marcone. Non occorr’altro; sto sulla sua parola. Contiamo il danaro. (tira fuori la borsa e principia a numerare)

  1. Savioli e Zatta: le.