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372 ATTO SECONDO


Leandro. M’immagino che il prezzo le sarà noto.

Silvio. Appunto, mi era scordato di domandarne il prezzo. Quanto ne volete al braccio?

Leandro. (Cattivo segno, se si scorda di domandare il prezzo). (da sè) Con chi conosce la roba, non si domanda di più del giusto. Il solito è di domandar venti lire, per poi discendere ad una lira alla volta sino alle undici. A me piace l’usanza inglese: vale quindici lire e non le domando di più.

Silvio. La domanda è onestissima; non vi si può battere un soldo. Tagliatene venti braccia.

Leandro. Permetta ch’io le domandi una cosa.

Silvio. Dite pure.

Leandro. Il negozio nostro deve andar per ora con un’altra regola. Mi figuro ch’ella mi conterà il danaro immediatamente.

Silvio. So bene anch’io che ora non potete stare in esborso; mi appago della convenienza. Tagliate il drappo e non ci pensate.

Leandro. La servo subito, (misura le venti braccia di stoffa) Ne avanzano due sole braccia; se non ha difficoltà di prender tutta la stoffa, può servirsene per un paio di calzoni di più.

Silvio. Sì, la prenderò tutta. Piegatela; ehi, Brighella.

Brighella. Illustrissimo. (Leandro piega la stoffa)

Silvio. Porterai questa stoffetta dal sarto, e gli dirai che sono ventidue braccia, che faccia in modo che v’escano due paia di calzoni. (Portala dove ti ho detto). (piano a Brighella)

Brighella. La sarà servida. (Come halo fatto a tor sto abito senza quattrini?) (da sè)

Silvio. Consegnate la roba al mio servitore. (a Leandro)

Leandro. Vuol che facciamo il conto, signore?

Silvio. Sì, fatelo.

Leandro. Ecco qui. Braccia ventidue, a lire quindici il braccio, importano lire trecento e trenta.

Silvio. Va benissimo. Portala al sarto, e digli che voglio l’abito per dopo domani. (a Brighella)

Brighella. Vado subito. (vuol prender la stoffa)