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350 | ATTO PRIMO |
Truffaldino. La sa che adesso l’è pover’omo, pol esser che la se mova a pietà.
Smeraldina. Pietà in una donna di quel carattere? Non la sperare. Non avrà ella per il signor Pantalone il cuore amoroso che ha per il suo figliuolo la mia padrona; ma la condizione è diversa, e però sono diversi i loro costumi.
Truffaldino. Ghe vorla ben siora Vittoria al sior Leandro?
Smeraldina. Non fa che pensare a lui giorno e notte.
Truffaldino. Siben che anca lu l’è deventà pover’omo?
Smeraldina. Lo compatisce e sa che è in disgrazia per cagione del padre.
Truffaldino. Ma per mario no la lo vorà più.
Smeraldina. Questo non so dirti. Ella deve dipendere dal signor Dottore suo padre; per altro, se stesse a lei, son sicura che lo prenderebbe a costo di ogni pericolo.
Truffaldino. E Smeraldina cossa disela de Truffaldin?
Smeraldina. Io dico che Truffaldino è un poco di buono.
Truffaldino. Perchè anca elo l’è senza bezzi.
Smeraldina. No, perchè non viene a vedermi spesso e non si ricorda di chi gli vuol bene.
Truffaldino. Mi vegnirave spesso, ma ho un poco de suggizion de quel satiro de to patron.
Smeraldina. Che cosa e’entra in questo il padrone? Sarebbe la bella cosa ch’io non potessi parlare qualche volta in casa con un amico!
SCENA V.
Il Dottore e detti.
Truffaldino. Ma quand el vedo, el me fa paura.
Smeraldina. Fa così: passa di qui dopo pranzo e, se sarà in casa il signor Dottore, ti avviserò, e tu potrai venire liberamente. (Il Dottore ascolta)
Truffaldino. Benissimo, co nol sarà in casa vegnirò volentiera.