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IL PRODIGO 309


bizioni a degli uomini meno onesti di quel ch’io sono, le accetteranno, e poi dopo, credetemi, si burleranno di voi.

Momolo. No so cossa dir; compatì la premura che gh’ho de no perder sta sera la vostra cara compagnia, e quella de siora Clarice; ve prego, fe de tutto perchè la resta.

Ottavio. Capisco che sarà difficile.

Momolo. Me despiaserave mo anca, che tutto quel che xe fatto per sta sera, andasse de mal. La festa sarà qualcossa de particolar. I rinfreschi xe parecchiai, e una cena, dove el cuogo s’ha impegnà de far tutto quello che el sa.

Ottavio. Una cena magnifica! Questa, per dirvi la verità, mi tocca più della festa da ballo. La tavola è la mia passione, e questa mattina i piatti del vostro cuoco mi hanno assai soddisfatto.

Momolo. Stassera ghe sarà de meggio. Gho vinti cai de salvadego, che scometto che no ghe xe altrettanto in tutta Venezia.

Ottavio. Non mi dite altro, che mi fate venire appetito, benchè non sia mezz’ora che abbiamo pranzato.

Momolo. Via, vedè con bona maniera de persuader siora Clarice.

Ottavio. Eccola qui per l’appunto.

Momolo. Ho gusto; la pregherò anca mi. Ma vien con ela quel seccagine de sior Leandro; no lo posso soffrir.

SCENA IV.

Clarice, Leandro e detti

Clarice. Ebbene, signor Ottavio, il burchiello si è ritrovato?

Ottavio. Non si potrebbe aspettar domattina?

Clarice. No certo: voglio partir questa sera.

Momolo. Mo via, cara siora Clarice, che la sia bona: xela su i spini? che la soffra almanco sta sera.

Leandro. La signora Clarice vuol partir subito.

Momolo. Mi no parlo con ela, patron. (a Leandro)

Ottavio. Il signor Momolo ci ha preparato un festino, una cena, un divertimento magnifico.