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IL PRODIGO | 303 |
Momolo. Mi tanto stimo sto anello, quanto che stimo un scorzo de nosaa.
Clarice. Ed io lo stimo meno di voi.
Momolo. Sia maledetta la mia mala sorte.
Clarice. A rivederci; non voglio scene. (in atto di partire)
SCENA XVII.
Colombina e detti
Colombina. Signori, hanno portato in tavola.
Momolo. Tiò sto anello, che te lo dono. (dà l’anello a Colombina)
Colombina. Obbligatissima alle sue grazie.
Clarice. Sempre più si conosce, che siete un pazzo. (parte)
Momolo. (Sento che la rabia me rosega. Cossa hoggio fatto? Ho dona l’anello a custia? Pazenzia. Son galantomo: quel che ho fatto, ho fatto; quel che ho donà, no retiro indrio) (da sè) Va là, che ti xe fortunada. (a Colombina, e parte)
SCENA XVIII.
Colombina, poi Celio.
Colombina. A me un anello di diamanti? Per qual motivo? Ma che sia di diamanti? Ho paura di no, saranno vetri; che se fosse di diamanti, non me lo avrebbe donato.
Celio. È qui ancora mia moglie? (a Colombina)
Colombina. Sì, signore. Va ora a tavola col padrone.
Celio. Senza dirmi niente?
Colombina. Ha mandato ora il servitore a casa per avvisare Vossignoria.
Celio. Perchè restar qui? Perchè non venir a casa? Questa novità non mi piace, e non la voglio assolutamente.
Colombina. Favorisca, signore. Se ne intende Vossignoria di diamanti?
- ↑ Guscio di noce.