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IL PRODIGO | 261 |
Momolo. Patron reverito. Chi ela, signor, se è lecito? (sospeso)
Ottavio. Non mi conoscete? Un vostro buon amico. Il fratello della signora Clarice.
Momolo. Me ne consolo infinitamente. (Che bisogno ghe giera, che vegnisse con ela sto intrigo de so fradelo?). (da sè) Animo, signora, che la desmonta. (verso il hurchiello)
Leandro. La riverisco divotamente. (a Momolo smontando)
Momolo. Servitor suo. Chi xela, signor? (sospeso)
Leandro. Sono un cugino del fu marito della signora Clarice.
Momolo. La parentela xe un poco lontana.
Leandro. Son io quello che l’assiste ne’ suoi affari.
Momolo. (Meggio! gh’avevela altri da menar con ela?). (da sè) Cossa fala che no la desmonta, siora Clarice?
Leandro. Sta accomodandosi un poco il capo.
Momolo. Con grazia, che la vaga a servir, che vaga a darghe man a desmontar.
Leandro. Non v’incomodate; anderò io. (torna verso il hurchiello)
Ottavio. Suo cugino la serve sempre. Ella non vuol essere servita da altri che da suo cugino. (a Momolo)
Momolo. (Stago fresco da galantomo!) (da sè)
Ottavio. Eccola, che ora viene.
Momolo. (Sto zerman no me piase gnente). (da sè) Siora Clarice, ben arrivada.
Clarice. Bene arrivata mi dite? non potea arrivar peggio.
Momolo. Perchè? Cossa xe sta?
Clarice. Ho patito in laguna, ho patito nella Brenta; ho maledetto cento volte il momento che mi sono imbarcata per venir qui.
Momolo. Me despiase che per causa mia....
Clarice. Orsù, io ho bisogno di riposare.
Momolo. Subito; presto. Brighella1. (chiama)
Brighella. Signor.
Momolo. Fe che le donne ghe parecchia un2 letto.
Brighella. Subito....