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210 ATTO SECONDO


Beatrice. Perchè mi pare che la nostra compagnia non abbia la fortuna di soddisfarvi.

Eleonora. Dite piuttosto che a voi piace meglio la picciola conversazione.

Silvio. Orsù, se la cosa si mette in cerimonia o in puntiglio, la conversazione è finita. Signor Dottore, accettiamo le vostre cortesi esibizioni. Consorte, senz’altre repliche, andiamo.

Dottore. Bravo, così mi piace.

Beatrice. (Prevedo qualche sconcerto). (da sè)

Momolo. (Son un pochetto intrigà, ma me caverò fora), (da sè)

Silvio. Permetta la signora Eleonora che io abbia l’onor di servirla. (le offre la mano)

Eleonora. Riceverò le sue grazie. Via, signor Momolo, serva la signora Beatrice.

Momolo. Vorla ela, sior Dottor?

Dottore. Oh, io non sono al caso. Tocca a voi.

Beatrice. La strada è breve; non ho bisogno che nessuno per me s’incomodi. (parte)

Eleonora. (Che affettazione! Tanto peggio mi fan pensare). (parte con Silvio)

Dottore. Via, non lasciate andar sola quella signora. (a Momolo)

Momolo. Se no la vol... (Stago fresco da galantomo). (da sè, indi parte)

Dottore. Parmi, ch’egli abbia un poco di soggezione per Eleonora. Se fosse vero! chi sa? (parte)

SCENA XVI.

Strada colla casa del Dottore, e colla locanda.

Ottavio, Beccaferro, Tagliacarne.

Ottavio. Amici, il signor Momolo è colà dentro in quella locanda. Aspettate ch’egli esca, e quando è escito, bastonatelo bene. Sarò poco lontano, e tosto che averete fatto il vostro dovere, ecco i quattro zecchini; sono qui preparati per voi. Vien gente: mi ritiro per non esser veduto. (parte)