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L'UOMO DI MONDO | 209 |
Momolo. Magari! Son contentissimo. Adesso subito, con so licenza. (vuol partire)
Beatrice. Dove andate, signore?
Momolo. La vede ben, un disnaretto parecchià per tre, no pol bastar per cinque. Vederemo de repiegar.
Eleonora. (Il signor Momolo, a quel ch’io sento, è il provveditore), (da sè)
Silvio. Non vi prendete pena per questo. Parlerò io con il locandiere.
Dottore. Facciamo così, signori. Il pranzo da noi sarà bello e lesto. La casa nostra è pochi passi lontana. Andiamo tutti a mangiare quel poco, che ci darà la nostra cucina.
Silvio. Che dice il signor Momolo?
Momolo. Cossa dise siora Leonora?
Eleonora. Io non c’entro, signore. (sostenuta)
Dottore. Via, risolviamo, che l’ora è tarda.
Beatrice. Dispensateci, signore, per questa mattina. (Capisco che questa giovane è innamorata). (da sè)
Eleonora. (La mia compagnia le dà soggezione). (da sè)
Dottore. Signor Silvio, vedete voi di persuaderla.
Silvio. Via, non ricusiamo le grazie di questo signore, giacchè il signor Momolo viene con esso noi.
Eleonora. (Anche al marito preme la compagnia, che non dispiace alla moglie). (da sè)
Beatrice. Ora non ho volontà di vestirmi.
Dottore. Se stiamo qui dirimpetto!
Silvio. Possiamo andare, come ci ritroviamo.
Beatrice. Conviene unire le robe nostre.
Dottore. Si chiude la stanza, e si portan via le chiavi.
Eleonora. (Ci viene mal volentieri; lo conosco). (da sè)
Momolo. Via, siora Beatrice, da brava. Andemo in casa de sior Dottor, che staremo meggio. Cossa disela, siora Leonora?
Eleonora. Siete curioso davvero. Se dipendesse da me!...
Momolo. Se dipendesse da ela, son certo che la dirave, andemo.
Beatrice. All’incontrario: io credo ch’ella andrebbe senza di noi.
Eleonora. Perchè credete questo, signora?
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