Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
L'UOMO DI MONDO | 207 |
Momolo. Deghe un abito da spender tre o quattro zecchini, e po vegnì da mi, che ve pagherò. (all’uomo ecc.)
Truffaldino. Vegnì via, vegnì a servir el fradelo della ballarina. (all'uomo, e parte con esso lui)
Smeraldina. Andeu via?
Momolo. Vago via.
Smeraldina. Tomereu?
Momolo. Tornerò.
Smeraldina. Me voleu ben?
Momolo. Eh, galiotta, te cognosso. (parte)
Smeraldina. El dise che el me cognosse, ma noi xe a segno gnancora. Poveretto! nu altre donne ghe ne savemo una carta de più del diavolo. (parte)
SCENA XI V.
Camera nella locanda.
Beatrice. Silvio, Eleonora, il Dottore.
Silvio. Consorte, ecco qui il signor Dottore colla sua signora figliuola, che hanno voluto prendersi l’incomodo di favorirvi.
Beatrice. Questo è un onore, che io non merito.
Eleonora. Riconosco per mia fortuna il vantaggio di conoscere una persona di tanto merito.
Dottore. Siamo qui ad esibire all’uno e all’altra1 la nostra umilissima servitù.
Beatrice. Troppa bontà, troppa gentilezza. Favoriscano di accomodarsi.
Dottore. Non vogliamo recarvi incomodo.
Beatrice. Un momento almen per cortesia. (tutti siedono)
Eleonora. Mi fa sperare mio padre che la signora verrà a stare con noi.
Beatrice. Sarebbe troppo grande il disturbo.
- ↑ Paperini e Savioli: altro.