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L'UOMO DI MONDO | 193 |
Eleonora. Fate bene a scherzare; io me lo merito; priegovi solamente aver carità di me, e non dire a nessuno la mia debolezza.
Momolo. Cossa disela? La me offende a parlar cussì. Son un galantomo.
Eleonora. Se non avessi stima di voi, non mostrerei premura d’avervi meco.
Momolo. Stupisso che la gh’abbia tanta bontà per mi, che so certo de no meritarla.
Eleonora. Ora voglio parlarvi con vera sincerità. Il vostro merito non lo conoscete, e gli fate poca giustizia.
Momolo. La vol dir che fazzo una vita un poco troppo barona.
Eleonora. Non dico questo; ma certamente sareste in grado di fare una molto miglior figura.
Momolo. Cossa vorla far? Son ancora zovene.
Eleonora. Se perdete sì male i giorni della gioventù, che sperate voi da quelli della vecchiaia?
Momolo. La dise ben veramente; sarave ora che tendesse al sodo, ma gnancora no posso.
Eleonora. Non potete? Avete mai provato?
Momolo. Per dir el vero, no ho mai provà.
Eleonora. Come dunque a dir vi avanzate di non potere, se non avete cambiato? Provate, signor Momolo, e so che avete tanto cuore e tanto talento da regolar da voi stesso il vostro modo di vivere.
Momolo. Come hoggio da far a principiar? La me insegna ela.
Eleonora. Io sono in grado da apprendere, non da insegnare.
Momolo. E pur, sotto una maestra de sta sorte, chi sa che no fasse profìtto?
Eleonora. Voglio insegnarvi una cosa sola.
Momolo. Via mo, la diga.
Eleonora. Fate capitale di chi vi ama sinceramente.
Momolo. La lizion xe ottima, ma chi possio sperar che me voggia ben, con sta sincerità che la dise?
Eleonora. Quelle persone, che vi amano senza interesse.
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