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174 | ATTO PRIMO |
poi dir de esser in tel so centro. Semo omeni de bon cuor, e se la se degnerà de far l'esperienza in mi, spero che no la formerà cattivo concetto della nostra nazion.
Beatrice. Son persuasa di quello mi dite. Vedo dalla vostra buona maniera che siete un signore di tutto garbo.
Momolo. Gnente, patrona. Mi no gh’ho nissun merito. Me vanto solamente de esser un omo schietto e sincero, onorato e civil.
Beatrice. (Mi va a genio davvero questo signor Veneziano), (da sè)
Momolo. (Me par, che ghe scomenza a bisegar in tel cuor), (da sè)
Beatrice. Siete ammogliato, signore?
Momolo. No, la veda. Son puttoa, per obbedirla.
Beatrice. Se aveste moglie, vi avrei pregato di far ch’io la conoscessi, per avere un poco di compagnia.
Momolo. Posso servirla mi, se la se contenta.
Beatrice. È vero, ma la cosa è diversa.
Momolo. La diga: so consorte xelo zeloso?
Beatrice. Oh questo poi no. Non ha ragione di esserlo nè per il mio merito, nè per il mio costume.
Momolo. Circa al merito lo compatiria, se el fusse zeloso, ma una donna prudente no ghe1 deve dar occasion.
Beatrice. Propriamente è portato a non prendersi pena di certe cose.
Momolo. Donca me sarà permesso de poderla servir.
Beatrice. Discretamente, perchè no?
Momolo. Certo che no me torò quella libertà, che no me se convien. Ma, per esempio, se me tolesse2 la confidenza che disnessimo insieme, se poderave?
Beatrice. Io mi persuado di sì.
Momolo. Andar in maschera3?
Beatrice. Ancora; con mio marito.
Momolo. Se lasserala servir?
Beatrice. Da un uomo onesto, come voi mostrate di essere, non saprei ricusare di essere favorita.
- ↑ In senso di giovanetto ancor libero.