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AGLI ECCELLENTISSIMI SIGNORI

ANDREA E BERNARDO

FRATELLI MEMO

PATRIZJ VENETI.


N

ON so, se l’EE. VV. più si ricordino di una grazia accordatami, tre anni or sono. La cosa non merita di avere occupato per tanto tempo la loro memoria, ma io sì l’ho sempre avuta presente, e ho sospirato il momento di profittarmene. Nel loro Palazzo (antichissima abitazione de’ Memi sino ai primi tempi della Repubblica) venni per essere favorito da uno, e partii onorato da due. Mi fu concesso in quel giorno, che io potessi decorare le opere della mia edizione col nome grande di una sì illustre Famiglia, e per colmo di grazia, che potessi imprimere fra i nomi de’ miei Protettori, quelli di due Fratelli, di tanta virtù e di tanta gentilezza forniti. Viveva in allora l’Eccellentissimo Signor Cavaliere Andrea di gloriosissima ricordanza, stella luminosissima di questo Cielo, che nei Governi, e nel Senato, e nel Collegio Serenissimo, e dappertutto, e sempre, fe’ salire sino all’ultimo grado la sua virtù, il suo zelo e l’amore per la Patria, per la verità e per la giustizia, nemico dell’interesse, nemico della vanità e della pompa, e amico solo del pubblico bene, al quale ha consacrato tutti i giorni della sua vita, non meno fertile di pensieri e robusto, ottuagenario ancora, quale brillar si vide nell’età più vegeta nei più malagevoli impieghi estemi delle Imbasciate, memorabile fra le altre quella in Costantinopoli, ove in carcere ancora nelle sette Torri esigeva stima e rispetto sino dai Ministri Ottomani. Ebbi parecchie volte l’onore di sedergli dappresso alla sua