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e la servitù; e l’occasione di trattare frequentemente co’ Ministri stranieri mi pose in necessità di alterare il mio sistema di vivere, e di sconcertare un’altra volta le mie finanze. La patente di Console non parlava di emolumenti; ma io mi lusingava che ci dovessero essere; li ho attesi per qualche tempo; li ho in seguito domandati, e rimasi stordito, quando ebbi in risposta, che la carica non ne avea de’ fissati; che il Conte Tuo mio predecessore avea servito vent’anni senza salario, e che in grazia del mio buon servizio qualche cosa avrei potuto sperare, se la guerra di Corsica non avesse reso esausto il Tesoro Pubblico.

Ciò non ostante i Protettori e gli Amici mi lusingavano, che sarei stato col tempo ricompensato; ed io aspettava questo tempo felice, e continuava a spendere ed a servire.

La nuova mia carica non mi occupava in maniera da dover per mancanza di tempo abbandonare il Teatro; ma non parendomi conveniente che un Ministro di una Repubblica fosse stipendiato da Comici, rinonziai all’emolumento annual di San Samuele, e mi riservai solamente quello onorifico di San Giovanni Crisostomo; onde fra il lucro cessante e il danno emergente, e coll’aggiunta di quelle avventure che si combinarono in mio danno, come vedremo, ebbi occasion di dire a me stesso col principe de’ Poeti Latini: Quo diversus abis? E mi son servito del motto medesimo sotto il frontispizio di questo Tomo, che rappresenta quest’epoca per me sfortunata.

Dispiacque ai Comici il vedermi da lor separato; promisi che non li avrei privati del tutto de’ miei Componimenti, di che il genio mio naturale e costante potea assicurarli. Dimandai grazia soltanto per gl’intermezzi, che mi avevano estremamente annojato, e continuai a dar loro qualche Commedia a titolo di regalo.

In fatti l’anno seguente composi una terza Commedia per il Golinetti. La carica mia, più mercantile che altro, mettendomi a portata di conoscere più Mercatanti, e di vedere i fallimenti che accadevano in varie Piazze, mi venne in mente di comporla su quest’argomento.

Avevano i Comici fra le Commedie loro dell’Arte: Il Mer-


cante