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dire; la Commedia andò in iscena, e non dispiacque; ma il Golinetti andò in terra, perdette affatto il suo spirito, la sua facondia, e non riconoscevan più quel bravo Momolo, che li aveva incantati.

Ritirai la Commedia tre giorni dopo, ed il medesimo giorno diedi ai Comici l’altra, ch’io aveva scritto; e copiate le parti, e provata e rappresentata, comparve un’altra, e riuscì sì bene che niente più si poteva desiderare. Il Golinetti confessò il suo torto, riacquistò il suo credito di buon Attore, senza usurparsi quello di Autore, e tutti i Comici cominciarono allora a conoscere la differenza, che vi è dal dialogo studiato a quello che sorte a caso da varie teste, da varj umori non sempre felici, e quasi sempre fra loro discordi.

Nell’anno seguente non seguì cambiamenti notabili nella Compagnia. Fu aggregato in quella soltanto Francesco Majani Bolognese in qualità di primo Amoroso, unitamente al Casali, e tutti due sotto la direzione dell’Imer. Seguì bensì un notabile cambiamento nella mia persona e negli interessi della mia Casa.

Morì in quell’anno a Venezia il Conte Tuo della riviera di Genova, il quale aveva servito per più e più anni in qualità di Console quella Repubblica Serenissima. Avendo io Moglie Genovese e de’ buoni Parenti in Genova, scrissi colà, che mi procurassero l’onore di un tale impiego, e fra le mie protezioni e le loro l’ottenni. Eccomi in una nuova carriera con un titolo onorevole e in un impiego piacevole; poichè essendo il Console di Genova il solo Ministro in Venezia di quella Repubblica, supplisce, oltre al mercantile, al politico; ond’io, mettendo in pratica in tale occasione quello ch’io aveva appreso a Milano e a Crema sotto gli ordini e la direzione del Veneto Residente, faceva tutti i Sabati1 il mio dispaccio, ed ebbi l’onor di piacere a quel Pubblico Serenissimo. La casa, ch’io abitava a San Lio, non era sufficiente per tale impiego. Ne presi una ad affìtto molto più comoda e più decente in Calle della Testa, appartenente all’Illustrissimo Signor Lorenzo Marchesini, Segretario di Senato.

L’ingrandimento della casa mi obbligò ad aumentare i mobili


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  1. Testo: Sabbati. - Ed.