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ghella Gandini fu licenziato in quella Quaresima, e fu preso in suo luogo un certo Fortunato Colombo, il quale non aveva gli adornamenti del suo antecessore, ma sosteneva meglio il suo personaggio, e lavorava assai bene le Commedie dell’Arte.

Andati i Comici alle loro Piazze di Terraferma, per consumarvi la Primavera e l’estate, io andai a Modena con mia Moglie per farla conoscere a’ miei Parenti, per rivedere gli affari miei in quel Paese, e per procurare un impiego onorevole nel militare a mio Fratello Giovanni. Fummo cortesemente accolti, ed alloggiati colà dal mio carissimo Amico e Cugino il Signor Francesco Zavarisi, Notaro, di cui ho altre volte in questi fogli parlato. Mi presentai al Serenissimo Signor Duca di Modena, ed ottenni dalla clemenza di quel Sovrano un posto per mio fratello nelle Guardie del corpo, con promessa di farlo Tenente di una Compagnia nazionale alla prima vacanza, il che felicemente è arrivato l’anno seguente.

Ritornato in Venezia al tempo dell’apertura di que’ Teatri, vidi che la Compagnia di San Samuele era divenuta eccellente; ma la novità del Sacchi, celebre nel suo Personaggio, metteva ancora in maggior credito le recite all’improvviso, e non poteva sperarsi di tentar le Commedie scritte. Mi lasciai anch’io persuadere della bravura de’ Comici a dar loro una commedia a soggetto, e come tanto più piacevano, quant’erano più caricate d’accidenti e d’intrigo, ne feci una intitolata: Cento e quattro accidenti in una notte.

Convien dire che la Commedia, se non buona, fosse almeno del gusto allor dominante, poichè, quantunque spogliata di adornamenti, si replicò quattro volte di seguito. Io non so cosa fosse; non l’ho conservata, e non mi curo d’averla. Non ho lasciato di scrivere degl’Intermezzi, i quali però cominciavano a decadere; ed ho composto e fatto rappresentare l’Enrico Re di Sicilia, Tragedia, che mi ha fatto non poco onore, come vedremo in appresso.

Partiti i Comici, la Primavera seguente ebbi occasione di trattenermi in Venezia, e di occuparmi con mio piacere e profitto.


L’Imer