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L'AUTORE
A CHI LEGGE.
(Tomo XIII)
IUNTO a Venezia coll’Imer, mi condusse egli alla di lui casa, situata nella Parrocchia di S. Samuele, poco distante dal Teatro, in luogo detto alla Cà del Duca: mi offerse una camera assai propria sul gran Canale, ed io l’accettai fin tanto che, ritornando mia madre di Modona, fossi in grado di ristabilirmi di nuovo.
Non posso bastantemente spiegare, Lettor mio caro, qual fu il mio piacere nel ritrovarmi un’altra volta in Venezia. Io ho sempre amato la mia Patria, sempre mi parve bella, e più bella ancora dopo il confronto d’altri Paesi, e sempre è cresciuto in me quest’amore e quest’ammirazione qualunque volta, dopo una lunga assenza, ho ritornato a vederla. Era un’ora di notte, quando colà arrivammo: sortii di casa immediatamente; e andai a fare una corsa per la città. Volli subito rivedere il mio Ponte di Rialto, la mia Merceria, la mia Piazza San Marco, la mia Riva degli Schiavoni. Che bel piacere in tempo di notte trovare le strade illuminate, e le botteghe aperte, e un’affluenza di popolo come di giorno, e un’abbondanza di viveri dappertutto, sino e dopo la mezza notte, come trovasi in altre Città la mattina al mercato? Che allegria, che vivacità in quel minuto Popolo! Cantano i Venditori spacciando le merci o le frutta loro: cantano i Garzoni ritornando dalle botteghe alle loro case: cantano i Gondolieri, aspettando i Padroni: cantasi per terra e per acqua, e cantasi non per vanità, ma per gioja.
Andai subito a visitare la Signora Maria Salvioni, Sorella di mia Madre, la quale dopo la mia partenza ita era a dimorare co’ suoi e miei parenti Bertani. Mi accolge1 la buona Zia con amore. Non approvò da principio la mia nuova intrapresa; ma finalmente persuasa dalle mie ragioni si lusingò di vedermi riuscire, e siccome amava molto il Teatro, si consolò che col mezzo mio avrebbe avuto qual-
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- ↑ Correggi: accoglie. - Ed.