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in luogo di sicurezza, mi posi a sedere sotto di un albero, e mi riposai con un piacere infinito.

Io non faccio il bravo; dico la verità; ho avuto paura, e credo che ogni galant’uomo ne avrebbe avuto altrettanta. Poco costava a coloro il darmi una sciabolata e distendermi a terra. Ho secondato il primo moto della natura, e la filosofia, che mi ha abbandonato in quel punto, mi ha poi ben servito in appresso.

Trovatomi spogliato di tutto, senza un soldo in saccoccia, senza conoscenza del luogo, e senza sapere dove rivolgermi, non mi sono perduto di animo, ma anzi, rivenuto dalla mia primiera apprensione, mi son creduto felice e mi son trovato contento. Io non vedea dov’era; ne case, ne strade; camminai a traverso dè solchi, finchè trovato un viottolo, bagnato da un ruscello, vivo e profondo, mi lusingai che per quella strada troverei delle case e forse qualche Villaggio. Non istetti molto a scoprire dell’abitato e a ritrovare de’ Contadini, che lavoravano. Narrai loro il mio caso; ebbero compassione di me, mi offersero alloggio, additandomi le loro case, e mi esibirono del pane e del cacio, ed un resto di vino, che avevano in una borraccia. Accettai la colazione col maggior piacere del mondo. Che pan delicato! che formaggio eccellente! che vino esquisito! Circa l’alloggio, siccome non potean darmi che della paglia e del fieno per coricarmi, m’informai de’ luoghi vicini, e mi dissero che Casal Pasturlengo era il luogo meno distante. Uno di quegli uomini dabbene mi accompagnò a quel Borgo, grande, bello e ben popolato. Mi presentai coraggiosamente al Parrocchiano, non mi sovviene s’ei fosse Prevosto, Arciprete o Curato, ma so ch’era galant’uomo, poichè m’accolse cortesemente, mi diè buona cena e buon letto, e il giorno dopo un cavallo ed un Uomo, per trasferirmi a Brescia. Due anni dopo, passai di là, andando a Genova, con animo di dimostrargli la mia gratitudine, e con estremo mio dispiacere lo trovai morto.

Giunto a Brescia, mi arrestai ad un picciolo albergo, deliberando in me stesso, benchè con pena, di andar dal pubblico Rappresentante, e dispiacendomi di rimandar l’Uomo, senza riconoscere la sua fatica, lo pregai di attendermi a quell’Osteria. An-


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