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di Coigny vi spedì incontro tre Reggimenti Francesi. Scoprirono questi il grosso dell’armata nemica. Soffersero le prime scariche de’ cannoni, caricati a mitraille, ma postosi in marchia con una velocità sorprendente l’esercito de’ Gallosardi, arrivò in tempo di difendere la Città e di respingere l’inimico. La battaglia durò nove ore di seguito, dalle quindici sino le ventiquattro. Il Generale Mercy vi lasciò la vita. Tutto il Mondo correva sulle mura della Città, da quella parte dov’era il combattimento. Vi corsi anch’io. Ho veduto cosa difficile a rivedere. Una battaglia sotto i miei occhi, veduta quanto permettea di vedere il fumo quasi continuo delle scariche de’ fucili. Veduto ho al principio la cavalleria de’ Tedeschi, che per l’angustia del terreno non poteva avanzare. La battaglia si diede nella via carreggiata, di qua e di là separata da fossi. Veduto ho in fine reculare i Tedeschi, e la tristezza de’ Parmegiani convertirsi in gioja, non per odio che avessero contro di quelli, ma perchè si vedean liberati dal rimor del saccheggio.

Un altro spettacolo vidi il giorno seguente, che m’empiè di tristezza ed orrore: venticinque mila morti sul campo. Siccome allora le due armate occupavano quasi tutto il terreno del Parmegiano, del Reggiano e del Modonese, era difficile e pericoloso il transito de’ Passeggieri. Cangiai anch’io di pensiere, e in luogo di andare a Modona, presi la via di Brescia, per di là passare a Venezia. Due giorni ancora mi trattenni in Parma, ed il terzo, trovata la compagnia di un Abbate collo stesso mio Vetturino mi posi in viaggio. Un miglio incirca lontani da un grosso Borgo del Piacentino, che chiamasi Casal Pasturlengo1, fummo assaliti da cinque Desertori Tedeschi, i quali colle sciabole alla mano ci fecero un cattivo saluto, e ci obbligarono a sortire di calesso. Fattaci la visita delle saccoccie, e preso tutto quello che c’era, orologio, tabacchiere, quattrini, si gettarono sopra i bauli e ci lasciarono in libertà. Io non so qual partito abbia preso il Signor Abbate; so che io, temendo sempre di rivedere intomo di me quelle sciabole, mi diedi a correre, saltai un fosso assai lestamente, e mi salvai a traverso de’ campi, e quando mi vidi in certa distanza, credutomi


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  1. Correggi: Casal Pusterlengo. - Ed.