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Non contento il mio Residente delle notizie che riceveva da’ suoi corrispondenti, mi ha spedito due volte a Milano, in tempo che da’ Gallosardi si battea quel Castello, ed in tempo che si rendè quella Piazza. Passarono poscia le stesse truppe ad assediare Pizzighettone, ancor più vicino alla Città dove noi eravamo, e domandata dagli assediati capitolazione, dopo dodici giorni di assedio ed apertura di breccia, andai sopraluogo, in occasione dell’armistizio che durò tre giorni, e ne successe la resa.

Non credo si dia spettacolo al Mondo più bello, più vivo, più dilettevole di un armistizio.

Il campo parea una cuccagna. Danze, giochi, gozzoviglie, tripudj. Un infinito concorso di popolo, che vi accorrea da tutti i luoghi circonvicini.

Un ponte gettato sopra la breccia, per dove comunicavano gli inimici, divenuti amici per il momento. Tutt’era in festa, tutt’era in gioja.

Io ho dato una picciola idea di questo ameno spettacolo nella Commedia intitolata La Guerra. Ceduta finalmente dagli Alemanni anche codesta Piazza, vidi sortire il presidio cogli onori di guerra, indi tornato a Crema, ne diedi la relazione completa al mio Residente, il quale col suo talento ne formò un esatto dispaccio. Allontanatesi un poco più da que’ contorni le Truppe, scemarono altresì le mie giornaliere fatiche.

Ripresi allora per mano il mio Bellisario, lo terminai del tutto, ed attendeva con impazienza l’occasion di produrlo. In questo tempo mi giunse in Crema la visita inaspettata di mio Fratello Giovanni. Dopo la mia partenza di Venezia, mia Madre era passata a Modena, e l’avea secolei condotto, e là vivevano delle rendite nostre paterne. Fece valer mio Fratello, in quell’occasione, la tenerezza ch’egli aveva per me, ed il desiderio di rivedermi, ma io mi accorsi, che altro motivo lo conduceva. Giovane più di me, di sei anni, soffriva malvolentieri la soggezion di una Madre saggia, e venne a ritrovarmi con isperanza di vivere con maggior libertà.

Lo accolsi con amore, lo presentai al Signor Residente, il quale ebbe la bontà di riceverlo e di trattenerlo, in qualità di Gen-


til’uomo