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da cinque o sei persone erudite? Brescia abbonda di eccellenti poeti, e quei che mi favorivano, erano de’ più scelti.

Trovarono che il carattere di Amalassunta era bene immaginato e ben sostenuto, e che poteva servire d’istruzione e di esempio alle Regine incaricate della tutela e dell’educazione dei reali figliuoli. Piacque loro infinitamente il contrasto de’ Cortigiani, due saggi e due discoli, e la catastrofe infelice del figlio Atalarico, abbandonato ai Consiglieri cattivi, ed il trionfo di Amalassunta, secondata dai buoni. Parve loro il mio stile meno poetico di quello che si accostuma nei Drammi per musica, ed avrebbero voluto ch’io levassi le Arie e le rime, per farne (dicevan eglino) una buona Tragedia. Fui contento del loro applauso, li ringraziai del loro consiglio, ma mi guardai bene dal seguitarlo. Qual profitto ne avrei ricavato? Qual utile mi avrebbe recato una Tragedia, quand’anche stata fosse di merito superiore? E levate le Arie e le rime, che sono il più forte della Drammatica Poesia, quanti maggiori difetti non si sarieno scoperti? Finalmente io aveva fondate le mie speranze sopra un Dramma per musica, che poteva fare la mia fortuna, e mi pareva di averla fatta; onde il giorno dopo mi congedai dall’amico, e m’incamminai novamente per la via di Milano.

Pria però di condurmi a questa magnifica Capitale della Lombardia Austriaca volli passar a Bergamo per vedere anche quella Città dello Stato Veneto, e per aver l’onore di presentarmi al pubblico Rappresentante, l’Eccellentissimo Sig. Francesco Bonfadini, oggi di gloriosa memoria, Cavalier magnanimo e generoso, che morì Senatore, e alla cui Sposa illustre, e virtuosa Dama, dedicata ho la Donna di garbo. Non so esprimere bastantemente con quai dimostrazioni di giubbilo e di bontà fui ricevuto a Bergamo dal Cavaliere umanissimo e dalla benignissima Dama. Le prime parole, che pronunciarono nel vedermi, furono queste: Ecco l’Astrologo; viva l’Astrologo; ben venuto l’Astrologo. Confesso il vero, restai alquanto sospeso e mortificato, non sapendo a che attribuire un titolo, con cui mi pareva di esser posto in ridicolo. Voltatosi il Cavaliere alle persone, ch’erano con esso lui e colla Dama, se-


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