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82 | parte prima |
mato per riconoscenza il primo medico di Verona, ma non ne potè godere lungamente, essendo morto l’anno istesso, compianto da tutti, fuorchè dai medici.
In Milano aveva l’Anonimo la soddisfazione di veder la piazza, ov’egli si mostrava al pubblico, sempre piena di gente a piedi e in carrozza; ma siccome i dotti eran quelli che compravano meno degli altri, bisognava però fornire il palco di oggetti attraenti per trattenere il pubblico ignorante; e il novello Ippocrate spacciava i suoi rimedi, profondeva la sua rettorica, attorniato dalle quattro maschere della commedia italiana. Buonafede Vitali aveva pure passione per la commedia, e teneva a sue spese una compagnia completa di commedianti, i quali dopo avere aiutato il loro principale a ricevere il danaro che gli si gettava nei fazzoletti, e a rimandar i medesimi pieni di piccoli vasetti o scatolette, davano in sèguito rappresentazioni in tre atti, al lume di torcie di cera bianca, e con una certa tal quale magnificenza.
Volevo fare amicizia con l’Anonimo, non solo per il piacer di conoscere quest’uomo straordinario, quanto ancora i suoi seguaci. Andai un giorno a trovarlo sotto pretesto di comprare un poco del suo alexifarmaco; in questa occorrenza, promossi varie questioni sopra la malattia che avevo o che credevo di avere, e si accorse che la sola curiosità mi aveva tratto alla di lui casa: mi fece portare una buona tazza di cioccolata, e mi disse esser quello il miglior medicamento per il mio stato. Trovai molta urbanità e grazia nelle sue maniere, e ci trattenemmo a crocchio insieme per qualche tempo. Era tanto amabile in privato, quanto era dotto in pubblico. Nel corso della nostra conversazione essendomi palesato per persona che aveva aderenza col residente di Venezia, credè che io potessi essergli utile riguardo a un disegno che aveva immaginato. Me lo partecipò: m’impegnai a servirlo, e vi riuscii con la maggiore facilità. Ecco di che cosa si trattava.
Non vi annoiate, mio caro lettore, di questa digressione; vedrete quanto ella è per esser necessaria alla connessione della mia istoria. Nella quaresima erano sospesi in Milano gli spettacoli, come è uso per tutta l’Italia. Il teatro comico doveva riaprirsi a Pasqua, ed era stata già fissata una delle migliori compagnie di commedianti, ma il direttor di essa, essendo stato chiamato in Germania, partì senza dir nulla, e mancò ai Milanesi. Trovandosi pertanto la città senza spettacoli, era sul punto di rivolgersi a Venezia e Bologna per mettere insieme una compagnia. L’Anonimo dunque avrebbe desiderato che si fosse data la preferenza alla sua, non eccellente, ma che peraltro poteva far conto di tre o quattro soggetti di merito, il cui insieme si combinava a maraviglia. In fatti il signor Casali che recitava le parti di primo amoroso, ed il signor Rubini che sosteneva stupendamente quelle di Pantalone, furono l’anno dopo chiamati a Venezia, il primo per il teatro di San Samuele, l’altro per quello di San Luca. M’incaricai con piacere di tal commissione, perchè in qualunque modo doveva essermi dilettevole. La partecipai al mio ministro, che si diede la cura di parlarne egli stesso alle principali dame della città, ne tenni discorso al conte Prata, che avevo sempre coltivato, misi in opera il mio credito e quello del residente di Venezia sul governatore, in somma in tre giorni fu firmato il contratto. L’Anonimo restò contento, ed io ebbi per mancia un secondo palchetto di faccia, che poteva contenere dieci persone. Profittando della occasione di questa compagnia con la quale trattavo familiarmente, mi rimisi a comporre