Pagina:Goldoni - Memorie, Sonzogno, 1888.djvu/67


capitolo xxii 65


nella libreria del dottor Pighi mio promotore, e applicai seriamente fino all’ora di cena. Ci ponevamo appunto a tavola l’amico ed io, quando entrano nella stanza cinque giovani, e vogliono cenar con noi. Volentierissimo: fummo serviti; si cena, si ride, ci divertiamo. Uno di questi cinque scolari era un candidato non passato all’esame del professore Arrighi. Strepitava dunque contro quest’abate, Còrso di nazione, e motteggiava sulla barbarie del paese, e di questo regnicolo. Do la buona notte a’ miei signori. Domani è il giorno del mio dottorato, è necessario che io vada a riposarmi. Si burlano essi di me, si levano di tasca dei mazzi di carte, ed uno di loro mette zecchini sulla tavola. Radi il primo fa subito il suo libriccino per puntare; giuochiamo, passiamo la notte giuocando, e Radi ed io perdiamo tutto il danaro. Giunge il bidello del collegio, e mi porta la toga che dovevo mettermi. Si sente la campana dell’università; bisogna partire, bisogna esporsi senza aver chius’occhio, e col rammarico di aver perso tempo e danaro. Che importa? Su via, coraggio: io giungo, ed il mio promotore viene al mio incontro; mi prende per mano, e mi colloca accanto a sè sopra ad un balaustrato in faccia al semicerchio della numerosa adunanza. Io m’alzo, quando tutti hanno preso posto; comincio dal recitar il cerimoniale d’uso, e propongo le due tesi che dovevo sostenere. Uno dei deputati all’argomentazione mi avventa un sillogismo in barbara, con citazioni di testi alla maggiore ed alla minore: riprendo l’argomento, e nella citazione di un paragrafo, sbaglio dal numero 5 al numero 7. Il mio promotore mi avverte sotto voce di questa lieve mancanza, ed io cerco di correggermi. Si alza allora dalla sedia il signor Arrighi, e dice ad alta voce indirizzando le parole al signor Pighi: Signore, io protesto che non soffrirò la minima contravvenzione alle leggi del nuovo ordine. I suggerimenti ai candidati sono in questo momento proibiti. Si passi pur sopra per questa volta, vi avverto bensì per l’avvenire. Ben mi accorsi, che restaron tutti irritati da questa uscita fuor di proposito; afferrai dunque l’istante favorevole, e ripresi il fondo della mia tesi, unitamente alle proposizioni dell’argomento. Sostituii al metodo scolastico la dottrina, i ragionamenti, le discussioni dei compilatori e degl’interpreti. Feci un’intiera dissertazione sopra quanto può estendersi la materia delle successioni ab intestato: tutti mi applaudirono; onde, vedendo che il mio ardire era perdonato, mi rivolsi di botto dal gius civile al canonico. Intrapresi a discutere l’articolo della Bigamia, e lo trattai come il primo; percorsi le leggi dei Greci e dei Romani, nè mancai di citare i concilii: ero veramente stato favorito dalla sorte nell’estrazione dei punti; li sapevo a mente, e mi feci un onore immortale. Si raccolgono i voti. Il cancelliere ne pubblica il resultato: Io passo nemine penitus, penitusque discrepante. Cioè, neppure un voto contro: inclusive quello del signor Arrighi, che n’era anzi contentissimo. Il mio promotore allora, dopo avermi messo in capo la laurea, fece l’elogio del candidato; ma siccome io non aveva tenuto lo stile solito, creò nell’atto, prosa e versi latini, che fecero ad ambidue molto onore.

Subito che il candidato è approvato, ognuno entra. Tutti dunque entrano, ed io rimasi stordito dai complimenti e dagli abbracci. Radi ed io ritornammo al nostro albergo, contentissimi che la cosa avesse avuto termine, e imbrogliatissimi vedendoci senza danaro. Bisognava cercarne; ne trovammo senza molto incomodo, e partimmo gloriosi e trionfanti per Venezia.