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52 | parte prima |
per un figlio che le fosse stato barattato a bália, se lo avesse ricevuto in buona fede per suo, se si fosse presa il pensiero della di lui prima educazione, e si fosse assuefatta ad accarezzarlo, e tenerselo caro.
Ecco una digressione estranea a queste Memorie; qualche volta ho voglia di ciarlare, e senza tener dietro allo spirito, mi curo soltanto dell’analisi del cuore umano. Riprendiamo il filo del discorso.
Ricevè mio padre una lettera dal suo cugino Zavarisi notaro a Modena, ed eccone il contenuto. Il duca aveva rimesso in vigore un antico editto, col quale era proibito a qualunque possessore di fondi e di beni stabili di assentarsi dai suoi Stati senza permesso, e tal permesso costava caro. Il signor Zavarisi diceva inoltre nella sua lettera, che, essendo andate a vuoto a riguardo mio le nostre mire per Milano, consigliava mio padre ad inviarmi a Modena, ove vi era una università come a Pavia, ove compiere i miei studi di legge, ottener laurea, e finalmente patente di avvocato. Questo buon parente, che ci era veramente affezionato, ricordava a mio padre che i nostri antenati avevano sempre tenuto cospicui posti nel ducato di Modena, che io avrei potuto far rivivere l’antico credito della famiglia, ed evitare nel tempo istesso la spesa di un permesso, che bisognava rinnovare ogni due anni, dicendo in fine che si sarebbe addossato egli stesso la cura della mia persona, e che mi avrebbe cercata una buona ed onesta dozzina. Eravi poi un poscritto, col quale si dichiarava di aver posti gli occhi sopra di me per un ottimo accasamento. Questa lettera diede motivo a molti ragionamenti, e ad un’infinità di pro e contro fra mia madre ed il mio genitore. La vìnse il padrone, e fu deciso che io partissi speditamente col corriere di Modena. Vi sono a Venezia corrieri che corrono, e corrieri che non corrono. I primi si chiamano corrieri di Roma, i quali ordinariamente non vanno che a Roma e a Milano, straordinariamente poi per tutto, e dove la Repubblica li spedisce. Questi impieghi sono stabiliti fino al numero trentadue, e godono qualche considerazione fra la cittadinanza. Rispetto agli altri corrieri però, la cosa è molto diversa, non essendo essi che semplici conduttori di barche da trasporto pagati dai respettivi loro noleggiatori: sono per altro in grado di avanzare la lor sorte col profitto che ricavano dai ripostigli delle loro barche, ove tengono in custodia i diversi involti che ricevono. Son comodissime queste barche, e sono in numero di cinque: quella di Ferrara, quella di Bologna, quella di Modena, quella di Mantova e quella di Firenze. Vi si può avere il vitto, volendo, con tutta la convenienza; ed il prezzo è discretissimo. Il solo inconveniente è di dover mutar barca tre volte in un istesso viaggio. Ogni Stato per dove debbon passare questi corrieri pretende aver diritto di impiegare le proprie barche e i propri marinari, non avendo mai pensato i diversi Stati limitrofi ad un provvedimento, che ridondi in vantaggio comune senza incomodare i passeggieri. Desidero che i padroni del Po leggano le mie Memorie, e profittino dell’avviso.
Eccomi adunque nella barca corriera di Modena, dove eravamo quattordici passeggieri: il nostro condottiero chiamato Bastia era un uomo molto avanzato in età, molto magro, e di burbera fisonomia: onestissimo per altro, e nel tempo stesso devoto.
Fummo trattati tutti insieme nel primo desinare all’albergo, ove il padrone della barca fece la provvisione necessaria per la cena, che si fa per viaggio.