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44 parte prima

principale ornamento. Vi è un luogo per il passeggio nel mezzo della città, sobborghi piacevoli, e contorni deliziosi. Il palazzo immenso ed i magnifici giardini di Passarean dei conti Manini, nobili veneziani, formano un soggiorno da monarca. Chiedo perdono al lettore se la digressione gli sembra un poco lunga: avevo caro di render qualche giustizia a un paese, che ne è degno per tutti i riguardi.

CAPITOLO XVI.

Mie serie occupazioni. — Teresa: aneddoto piacevole.


Mio padre esercitava a Udine la sua professione, ed io vi ripresi il corso de’ miei studii. Il signor Morelli, celebre giureconsulto dava in casa propria un corso di gius civile e canonico per istruzione di uno de’ suoi nipoti. Ammetteva alle sue lezioni anche persone del paese, ed io pure ebbi la fortuna di essere in quel numero. Confesso che profittai più in sei mesi di tempo in questa occasione, di quello che non avevo fatto in tre anni a Pavia.

Avevo molta voglia di studiare, ma, essendo giovine, mi abbisognava qualche distrazione piacevole; cercai però divertimenti, e ne trovai di differenti specie. Ora voglio render conto di quelli che mi hanno dato molto piacere, e nel tempo stesso molto onore, e terminerò con altri, che non mi hanno dato nè onore, nè piacere. Avevamo passato un carnevale molto patetico e disgustoso, a cagione d’un orribile avvenimento che aveva messo la città in costernazione. Un gentiluomo di antica e ricca casa era stato ucciso con una fucilata nell’uscire dalla commedia; non si conosceva l’autore dell’omicidio; vi erano dei sospetti, ma niuno ardiva parlarne. Viene la quaresima. Vado il giorno delle ceneri ad ascoltare il padre Cataneo agostiniano riformato, e trovo ammirabile la sua predica. Esco di chiesa, ritengo a memoria parola per parola i tre punti della sua divisione; procuro di riunire in quattordici versi il suo argomento, la sua condotta, e la sua morale, e credo di aver fatto un sonetto assai passabile. Mi porto il giorno medesimo a farlo sentire al signor Treo, gentiluomo d’Udine eruditissimo in belle lettere, e di sommo gusto per la poesia; egli pure trovò assai passabile il mio sonetto. Mi fece bensì il favore di correggere qualche parola, e mi incoraggì a farne altri. Tenni sempre dietro con esattezza al mio predicatore: feci ogni giorno l’istesso lavoro, e mi trovai alla terza festa di Pasqua con la compilazione di trentasei prediche eccellenti in trentasei sonetti fra buoni e cattivi. Avevo preso la precauzione di mandarli al torchio, tostochè avevo messo insieme materie sufficienti per un foglio in quarto; onde nell’ottava di Pasqua pubblicai il mio libretto alla rustica, dedicato ai deputati della città. Molti ringraziamenti per parte dell’oratore, molta riconoscenza per parte dei primari magistrati; insomma molti applausi. La novità piacque, e la rapidità del lavoro fece stupire anche di più. Bravo Goldoni! Ma piano: non gli profondete ancora i vostri elogi. Stava lungi quattro passi dalla mia porta una certa giovine, che mi piaceva infinitamente, ed alla quale avrei fatto volentieri la mia corte. Convien egli, mio caro lettore, che io vi faccia il ritratto della mia bella? che io le dia un colorito di rose, e di gigli, i lineamenti di Venere, l’ingegno di Minerva? No, questi bei ragguagli non v’importerebbero. Mi trattengo con voi nel mio studiolo, come mi tratterrei in conversazione. La materia delle mie Memorie non merita