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358 parte terza


versare con i grandi maestri del buon secolo della letteratura italiana. Questa lingua è adesso in Francia più in voga che mai. Il gusto della nuova musica vi ha molto contribuito. Tutte le biblioteche di Parigi abbondano di libri italiani, che si leggono, si gustano, si traducono; ed i viaggi dei Francesi in Italia sono diventati più frequenti. Insomma, tutti questi oggetti sembrano giusti, ragionevoli, e allettativi. Se gli autori di questo giornale s’ingannano, non sarà certamente colpa del disegno, ma dell’esecuzione. Le persone che debbono occuparsene, non mancheranno dal canto loro di materiali importanti, di notizie sicure, di corrispondenze ben fondate, di zelo per il pubblico, e di attenzione per il loro proprio profitto. Si ha un bel dire: io mi sacrifico per l’onore ed il bene della umana società. Non vi ha che il ricco che non lavori; ma chi non è tale, non può obliare sè stesso, ecc.».

Invaghito il mio giovine americano del programma della nuova opera, aveva già trovato quattro compagni, che lo avrebbero secondato. Io aveva loro procurato conoscenze a Roma, a Napoli, a Firenze, a Bologna, a Milano, ed a Venezia; e si aspettava di aver preparato materia bastante per il lavoro almeno di sei mesi, prima di pubblicare il prospetto. In questo mentre capitò in Parigi una donna napoletana. Era questa un’attrice dell’Opera comica italiana, proveniente da Londra, ove il direttore che l’aveva fissata, era fallito; essa veniva in Francia a cercare fortuna. Costei non era nè giovine, nè bella, ma scaltra e fine quanto mai, ed aggiungeva agli ordinari artifizi della sua condizione, quello dell’ipocrisia. Io ebbi l’onore della sua prima visita. Il mio Americano la trovò subito molto amabile; egli era alquanto devoto, e la Napoletana era sempre con la corona in mano, e tutti i sabati accendeva un lume avanti all’immagine della Madonna di Loreto; e intanto che il buon uomo imparava a pregare Iddio in italiano, dimenticava un dì più dell’altro l’obbligo contratto ed i suoi associati. Avevo un bel fargli le mie lagnanze, ed anche i miei rimproveri; era già innamorato, nè aveva altro dispiacere, se non di sapere maritata la sua bella, e però fuori del caso di poterla sposare.

Il nuovo giornale prendeva un cattivo andamento. I giovani che vi si erano impegnati, cominciavano a disprezzare chi aveva assunto l’incarico di guidarli; onde feci il possibile per incoraggirli, e aveva sempre la speranza di ricondurre il loro capo alla ragione; ma ecco come si perdette irreparabilmente. Va un giorno all’abitazione della maligna incantatrice, e la trova genuflessa: — Ah! sì, sì, venite pure, mio caro amico, — ella esclamò vedendolo; — prostratevi subito avanti alla Madonna santissima, ringraziate meco Iddio, e gridate al miracolo: mio marito è morto. — Gli mostra la lettera ch’ella aveva in quell’istante ricevuta, in cui era inclusa la fede di morte. Alle corte, si sposano. La moglie era gelosa, nè voleva più stare in Parigi; il marito era vergognoso, nè si lasciava più vedere. Partirono pertanto entrambi pochi giorni dopo, ed ecco finito il giornale prima di aver principio. Ci lamentiamo delle donne, che con le loro grazie c’incantano, e che con le loro lusinghe incatenano gli uomini, e alcune volte li rovinano con i loro capricci; ma le loro attrattive sono conosciute, ed è l’uomo stesso che loro somministra le armi per esser vinto. La sola ipocrisia può ingannare. Ma questo detestabile artifizio trovasi in Francia tanto raro, quanto rara è l’imbecillità di chi si lascia ingannare. In questo paese le donne dabbene hanno più amabilità che in qualunque altro luogo, e le donne scaltre sono meno spregevoli che altrove.