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354 parte terza

CAPITOLO XXXIV.

Osservazioni sopra alcuni stabilimenti di Parigi.

Essendo venticinque anni che io dimoro a Parigi, debbo certamente aver di esso piena notizia; e siccome non son nato in un deserto, debbo per conseguenza conoscerne il pregio. Dopo aver parlato delle sue bellezze, adesso discorrerò di volo delle sue comodità, de’ suoi piaceri, della sua polizia. La città è custodita da ottocento settanta sei uomini di fanteria, e cent’undici di cavalleria, che si chiamano la Guardia a piedi e la Guardia a cavallo; per tutto però si trovano corpi di guardia, e ad ogni momento s’incontrano pattuglie, le quali danno man forte alla giustizia, fanno arresti, e conducono gli arrestati al commissario dei respettivi quartieri. Questi non sono già sbirri, ma guardie ordinate militarmente e comandate da ufficiali i quali hanno già occupati rispettabili posti nelle truppe del re. Cinquanta commissari distribuiti nella capitale ricevono i ricorsi dei particolari, unitamente ai rapporti dei delatori; formano lì per lì i loro processi verbali, e rimandano gli accusati ai competenti loro giudici. Questi ministri subalterni sono utilissimi per verificare i fatti subito, e per evitar noie e dispendi nei casi di lieve momento. Il luogotenente generale di polizia è il magistrato che veglia all’esecuzione esatta degli ordini, alla sicurezza e tranquillità pubblica. Egli ha sotto di sè quattro segretari e venti inspettori; ciascuno dee adempire alle ingerenze del respettivo suo dipartimento, nè vi è cosa alcuna che possa sfuggire alla loro vigilanza. Senza queste cure, senza tali precauzioni si perderebbe il frutto di tante vantaggiose e comode instituzioni che ci sono a Parigi. Una fra le altre è quella delle pubbliche vetture: molti si lagnano dei cattivi fiacres, e con ragione; ma adesso gli appaltatori di questa comodità pubblica ne offrono una data quantità di migliori assai; con tutto questo, i più rovinati sono sempre meglio che nulla; io sono nella classe dei pedoni, e quando ne ho di bisogno li trovo deliziosissimi. Vi sono anche portantine e sediuoli, e tutte queste piccole vetture costano anche assai meno dell’altre; ma per risentirne benefizio è necessario esser soli: essendo in quattro, mette sempre più conto prendere un fiacre. Quello che è più da temersi nel fissare codeste vetture di piazza, sono i cocchieri. Pare assolutamente che costoro siano scelti fra gli uomini più incivili e grossolani, nè d’altro sentesi parlare se non delle loro impertinenze; dimodo che senza il rigore del governo non sarebbe possibile trattare con loro. Contuttociò io posso vantarmi di non aver avuto mai che dire con codesta sorta di gente, poichè, sapendo quanto sono avidi, procuro sempre di appagare anticipatamente i loro desiderii, e qualche soldo di più li contenta. Ma fo ancora di più. I Francesi hanno per uso di sgridarli e dar loro del tu, mentrechè codesta gente, priva d’ogni educazione, non rischia nulla ad aggravare con le sue impertinenze la cattiva opinione, che si ha già del loro ceto. Io dunque parlo con loro con garbatezza e con dolce maniera, e così sono servito benissimo.

Una instituzione bene immaginata, ed assai bene regolata, è la piccola posta di Parigi, poichè per mezzo di essa si può scrivere e ricevere la risposta il giorno medesimo; cosa utilissima per il commercio, per gli affari, pe’ complimenti, per gl’inviti. Di quest’ultimo