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capitolo xxvii 337


nio del re fu riguardata come il precursore del Delfino che attendevasi con impazienza, e che al termine di tre anni venne ad appagare i voti dei Francesi. Le feste date in quest’occasione, come pure in quella della convalescenza della regina, furono proporzionate alle condizioni del tempo. La Francia era allora impegnata in una guerra, che non aveva suscitata, ma che conveniva sostenere per l’onore della nazione. Io non starò qui ad entrare nei particolari della rottura fra gl’inglesi della Brettagna, e gli altri dell’America settentrionale: dirò solo che questi ultimi, come più deboli, ricorsero a Luigi XVI, e che questo monarca, per aver voluto appunto adoprarsi per la pace, tirossi addosso la guerra. Contuttochè questo regno fosse ricco, ciò nonostante non pareva allora in condizione da sostenerne il peso. Era stata sommamente trascurata la marina, e si trovavano nel maggior disordine le finanze; ma i mezzi della Francia sono inesauribili. Mentre andavansi facendo negoziati per riconciliare gli Americani con la lor madre patria, si videro uscire dai porti di Brest e di Tolone flotte tanto considerevoli, che furono in istato di far fronte alle forze dell’Inghilterra. Questa guerra durò cinque anni, ed il trattato di pace fu sottoscritto a Versailles nel 1783. Ecco l’epoca dell’origine di una nuova potenza nell’America settentrionale. Gli antichi sudditi della Gran Brettagna, divenuti liberi e riconosciuti tali anco dal mondo intiero, possono un giorno divenire formidabili: ed allora eglino rammenteranno i buoni uffizi ricevuti dai loro buoni amici, i Francesi? In mezzo allo strepito dell’armi non erano in Parigi diminuiti i divertimenti; anzi in quell’anno appunto il signor Piccini espose sul teatro dell’Opera il suo primo lavoro. La regina, protettrice generosa delle belle arti, non meno che dei celebri artisti, aveva fatto venire in Francia questo rinomato compositore, lo aveva provvisto alla corte di conveniente assegnamento, lasciandolo in libertà di lavorare per gli altri teatri di Parigi. Questo compositore italiano, arrivato in Francia di recente, non era in istato di scegliere i drammi che poteva credere a proposito per lui; e il signor Marmontel si diede cura di somministrargliene. Egli ridusse l’opera del Rolando del Quinaut in tre atti con alcune mutazioni, e il signor Piccini fece in tale occasione valere il suo buon gusto e sapere. Ma siccome i Francesi prendono ai drammi l’istesso affetto che alla musica, non possono soffrire che i moderni autori mettan mano nei capolavori degli scrittori antichi. Oltre a questo, regnava allora in Parigi un’aperta guerra fra i partitanti del Gluck e quelli del signor Piccini: ed ambedue questi partiti erano combattuti dai dilettanti della musica francese. Ma ohimè! in quest’istante mi assale una violenta palpitazione di cuore: è un mio incomodo abituale; non posso proseguire...

Riprendo il capitolo lasciato interrotto ieri. La mia palpitazione è stata assai più veemente, e durò questa volta più lungamente dell’altre, poichè mi assalì alle quattro della sera, senza cessare se non alle due ore della mattina. Questo incomodo non è in me periodico: mi sorprende diverse volte nell’anno, in tutte le stagioni, in tutti i tempi, ora a digiuno, ora a pranzo, ora dopo, di rado però nella notte; ma ecco quel che v’è di più singolare nei suoi sintomi. Quando vuole assalirmi, io sento un certo straordinario muovimento nelle viscere; si altera allora il mio polso, e prende una violenza spaventevole; sono convulsi i miei muscoli, ed è oppresso il cuore. Quando poi è per passare, sento una scossa