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capitolo xxi 325


bene di Eleonora, ma le dispiace che questo matrimonio sia fatto senza renderne consapevole suo fratello.

Egli avrebbe avuto mia figlia (dice la signora Araminta), se non fosse stato così fastoso.

Ed io gli avrei dato (dice il marchese), la mia, se non fosse così avaro.

Nel tempo di questo diverbio, entra l’Avaro fastoso. Informato di tutto, prende da bravo il suo partito. La cena è pronta, e non convien perderla. I commensali si trovan già tutti insieme; e non vuole che si burlino di lui: onde, fattili passare, annunzia loro che l’oggetto per cui li ha pregati, è quello di festeggiare il matrimonio del signor visconte di Courbois. Eglino però non si lasciali già così francamente ingannare; i servitori avevano già parlato, i difetti ed i vizi del signor Casteldoro erano oramai palesi; egli è aborrito per la sua avarizia, non meno che disprezzato per il suo fasto ed orgoglio.

CAPITOLO XXII.

Seguito dei due capitoli precedenti. — Aneddoti riguardanti L’Avaro fastoso.

La persona cui feci vedere prima d’ogni altro la mia composizione quando la credetti in istato di poter comparire al pubblico, fu il signor Préville, a cui appunto avevo destinato la parte del marchese. Gradivo di sapere il suo sentimento riguardo a questo personaggio, e al complesso di questa mia commedia.

A me parve contento dell’uno e dell’altra. Gli feci osservare la difficoltà di sostenere al naturale la parte di cui era per incaricarsi: — Conosco (mi rispose) un così bel carattere in natura. — In conseguenza dell’incoraggiamento di questo attore stimabile, feci fare la lettura della mia commedia all’assemblea del Teatro francese, la quale ebbe viglietti pro e contro; in somma, venne accettata, salvo correzione. Io non era assuefatto a questa sorta di accoglienza; ciò non ostante, dissi a me stesso: non mostriamo orgoglio, nè ostinazione. Indi ripreso sott’occhio il mio scritto, tolgo qualche cosa, ne aggiungo qualche altra, correggo, pulisco, lo rendo migliore; se ne fa una seconda lettura, ella è bene accolta, ella è inclusa nel repertorio fissato per la villeggiatura di Fontainebleau. Doveva appunto esser recitata una delle prime al teatro della corte; ma che! il signore Préville si ammala l’istesso giorno dell’arrivo, ed è obbligato a stare in letto per un mese, nè migliora che verso al fine della villeggiatura; ed ecco L’Avaro fastoso destinato pel giorno antecedente alla partenza del re.

Allora tutti i ministri, tutti i forestieri, tutti gl’impiegati erano già partiti; oltre di ciò i comici erano affaticati, e non avevano gran voglia d’imparare, e meno poi di provare. Conoscendo adunque la condizione critica in cui trovavasi la mia commedia, dimando rispettosamente se fosse stato possibile sospenderne l’esecuzione; ma siccome nel repertorio non ve ne erano altre, mi si fece credere indispensabile il rappresentarla. Vo adunque alla prima recita, e mi metto nel solito posto del teatro, cioè dietro alla tenda. Eravi in platea sì poca gente, che non poteva in alcun modo rilevarsi il buono o cattivo effetto della composizione: in somma, ella terminò senza alcun segno di approvazione nè di