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312 parte terza


il Francese): io vi amo, vi stimo, e voi mi conoscete; è un uomo duro, collerico, fastidioso quello che ho voluto ritrarre... se ne incontrano spesso nella civile società. — Sì, sì, so benissimo (risponde il Rousseau), che nell’animo degli ignoranti io passo per tale; io li compiango, e li disprezzo; per altro non soffrirò mai, che un uomo, come voi, che un amico... vero o falso che sia, venga a prendersi giuoco di me. — In somma il signore*** ebbe un bel dire ed un bel fare, ma non potè ottenere nulla; Gian Giacomo era troppo indispettito, e terminarono scorrucciandosi sul serio, e ci corsero in appresso delle lettere pungentissime da una parte e dall’altra.

Essendo io in amicizia col letterato francese, ed avendolo veduto il giorno dopo la contesa avuta col signor Rousseau in una conversazione ove ci trovavamo spesso, fummo dal medesimo messi al fatto di quanto eragli accaduto: taluni risero, altri fecero le loro osservazioni, ed io pure non mancai di fare le mie. Il Rousseau era burbero come da se stesso aveva confessato nella controversia sostenuta col suo amico; non aveva che ad appropriarsi la beneficenza, perchè dicesse che ancor io aveva voluto rappresentarlo nel mio Burbero benefico. Mi guardai bene di espormi al pericolo di soffrire le sue stravaganze, e nol vidi più. Quest’uomo era nato con disposizioni felicissime, ed infatti ne ha dato le maggiori prove; ma siccome era di religione protestante ed aveva fatto opere non ortodosse, fu per questo obbligato ad abbandonare la Francia, da lui adottata per patria; sciagura che lo rese appunto irrequieto. Credeva gli uomini ingiusti, e li disprezzava; ma questo disprezzo non poteva mai tornare in vantaggio di lui. Quante generose esibizioni, quante protezioni non ha egli ricusate? Il suo lettuccio eragli divenuto assai più caro di un palazzo. Taluni nella sua fierezza scorgevano grandezza d’animo; altri, orgoglio soltanto. Comunque sia, egli è sempre da compiangere; le sue debolezze non offendevano chicchessia, mentre il suo ingegno lo aveva reso rispettabile. È morto da filosofo, come era vissuto, onde la repubblica delle lettere deve sapere buon grado all’uomo generoso, che onorò le ceneri di lui.

CAPITOLO XVIII.

Matrimonio di Monsieur fratello del re. — Il parco di Versailles. — Vestizione della principessa Luisa nel convento delle Carmelitane di S. Dionisio.

Nel mese di maggio dell’anno 1771 si celebrò a Versailles il matrimonio del conte di Provenza, nipote di Luigi XV e fratello del Delfino, con Maria Luisa di Savoia primogenita del re di Sardegna. Quest’avvenimento raddoppiò la gioia dei Francesi; questo principe era troppo caro allo istato, e le sue virtù intellettuali e morali lo rendevano maggiormente caro. La principessa poi, e per il suo ingegno, e per le sue cognizioni, era la delizia del suo sposo. Il conte di Provenza si chiama oggigiorno solamente Monsieur, e la sua consorte Madame: questi sono i titoli in Francia del primo fratello, e della cognata del re. Tre quarti del mondo debbono saperlo: io dunque non pretendo d’istruire se non gli stranieri, che forse potrebbero ignorarlo. Le feste di giubilo date in occasione di questo matrimonio furono magnifiche al pari di quelle dell’anno precedente: e siccome nelle nozze del Delfino passai tutto il tempo negli