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CAPITOLO XV.

Matrimonio del Delfino. — Apertura del gran teatro di corte. — Osservazioni sopra questo monumento. — Folla di poeti concorsi in quest’occasione. — Il Burbero benefico, commedia in prosa di tre atti. — Suo buon successo. — Giustizia resa agli attori ch’ebbero parte in questa commedia.

Ho detto nel capitolo XIII che si preparavano grandi matrimoni alla corte; io parlavo dell’anno 1770; e fu in quei fortunatissimi giorni che l’arciduchessa d’Austria Maria Antonietta di Lorena venne in qualità di Delfina a colmare il regno di Francia di gran giubilo, di gloria, e di grande speranza. Con le nobili qualità della sua mente e del suo animo si guadagnò tutta la stima del suo re, il cuore del suo sposo, l’affetto della famiglia reale e colla beneficenza l’ammirazione del pubblico. Questa virtù divenuta oggi giorno passione dominante dei Francesi, sembra che abbia risvegliato nelle anime sensitive, mediante l’esempio di questa augusta principessa, la più virtuosa emulazione. Le sue nozze furono celebrate con pompa degna di un nipote del monarca delle Gallie, e di una figlia dell’imperatrice d’Alemagna. In tale occasione vidi il tempio riccamente parato, l’imponente e magnifico colpo d’occhio del banchetto reale, il festino nella galleria, le diverse partite di giuoco nei regii appartamenti. Dovunque illuminazioni, fuochi artifiziali di straordinaria bellezza. Torre, fuochista italiano, recò in questa occorrenza l’arte pirotecnica al maggior grado di perfezione. Seguì anche contemporaneamente l’apertura del nuovo teatro di corte: è questo un ricco monumento, la cui architettura offre agli spettatori maggior magnificenza, che comodità. Convien vederlo allorquando vi si danno feste da ballo di gala o con maschere. In tali occasioni il palco scenico vien preparato con la medesima decorazione e con gli ornamenti stessi della platea. Comparisce allora un immenso salone ricco di colonne, di specchi, di dorature; ciò che prova la magnificenza del sovrano che l’ha ordinato, non meno che il buon gusto dell’artista che l’ha eseguito. Fra tutte le allegrezze che si godevano nell’occorrenza di quest’augusto matrimonio, i poeti francesi facevano risuonare la città e la corte coi loro canti; dimodochè anche la mia musa aveva desiderio di risvegliarsi. Procurai di appagarla, e composi versi italiani, ma non osai stamparli. Nel numero infinito delle composizioni che comparivano tutti i giorni, ve n’erano delle eccellenti, ve n’erano altre che non potevan leggersi. Io non voleva aumentare il numero di quest’ultime; in conseguenza credetti bene di presentare i miei versi manoscritti. La principessa Delfina si degnò di accoglierli con somma bontà, facendomi comprendere in buonissimo italiano, che io non era a lei ignoto.

La felice costellazione che diffondeva allora le sue propizie influenze sopra questo regno, sembra che a me pure inspirasse zelo, ambizione e coraggio. Difatti mi venne in pensiero di comporre una commedia francese, ed ebbi anche la temerità di volerla fare rappresentare al Teatro francese. Il vocabolo temerità non è troppo, essendo realmente tale quella d’uno straniero, che, arrivato in Francia, nell’età di cinquantatrè anni con cognizioni superficiali e