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capitolo xii | 297 |
ha prestato l’assenso di questo matrimonio, ed ha loro concesso in dote il bosco che abitano nel Bergamasco: li esorta ad esser saggi, onesti, moderati ne’ desiderii; li assicura in qualunque caso e tempo della sua protezione ed assistenza, e così li lascia. Comparisce successivamente il Genio cattivo, che trovando infelici i due coniugati, li compiange, e dipinge loro al vivo il seducente quadro dei piaceri del mondo; insomma li persuade, loro somministra danaro, li impegna al viaggio di Parigi, e fa venire una carrozza; Arlecchino e Corallina vi salgono, partono, ed ecco il fine del primo atto. Nel secondo i due sposi si veggono in Parigi, ove rimangono incantati; ma Corallina è bella, i Francesi sono galanti, e Arlecchino divien geloso. Abbandonano finalmente la Francia, e il terzo atto segue a Londra. Li disgusta però l’aspetto grave degl’Inglesi, la plebe li spaventa, il tumulto li incomoda; lasciano dunque Londra e vanno a Venezia. In questa città succede tutto il quarto atto; Arlecchino però comincia male, poichè volendo salire in gondola, cade nel canale e corre rischio di annegare. Corallina si diverte molto, profittando dell’uso delle maschere e della libertà delle donne di quel paese. Vi prende gusto Arlecchino parimente, ed ama moltissimo il giuoco. È da avvertirsi, che nel tempo che io composi questa commedia, i giuochi non erano proibiti in Venezia, nè era peranche stato abolito il Ridotto. Arlecchino dunque giuoca, perde tutto il suo danaro, e n’è disperato: Corallina bensì ne ha quanto basta per partire; ma stanchi al fine, ed annoiati di percorrere il mondo, prendono ambedue il partito di tornarsene a casa, di contentarsi del primiero loro stato, rinunziando per sempre a tutti i pericolosi piaceri. Eccoli in somma all’ultim’atto un’altra volta nel loro bosco, ben paghi di esserci ritornati, e col fermo proposito di non più abbandonarlo. Il solo desiderio che loro rimanga, è di vedere di bel nuovo il Genio buono; lo invocano, ma che! in vece del buono comparisce loro davanti il cattivo, che novamente procura di sedurli, offrendo loro del danaro. Quei poveretti lo ricusano con disdegno; onde, obbligato il maligno spirito a desistere dall’impresa, si sottrae alla lor vista. In quell’istante comparisce il Genio buono, che abbraccia con tenerezza i suoi protetti, li riconduce al tempio della felicità, e con questa decorazione termina la commedia. Gli atti secondo, terzo e quarto offrono vivezza, intreccio, qualche piccola pittura e qualche leggiera critica. In una parola il soggetto della composizione consiste nella lotta delle passioni; nel primo atto il vizio la vince, trionfa nell’ultimo la virtù. In Venezia questa commedia ebbe il massimo incontro; essa sola sostenne per trenta giorni di séguito il teatro San Giovan Crisostomo; insomma con essa s’aprì e si chiuse il carnevale.
CAPITOLO XII.
- Mio nipote professore di lingua italiana nella Regia Scuola Militare e poco tempo dopo segretario interprete nell’uffizio della Corsica. — Partenza del signor Gradenigo ambasciatore di Venezia, — Udienze pubbliche degli ambasciadori soppresse. — Il signor cavaliere Mocenigo nuovo ambasciadore di Venezia.
L’esame di ciò che v’ha di più bello a Parigi, e qualche ora dedicata ogni giorno allo studio, rendevano piacevolissimo il soggiorno di Parigi; l’oggetto bensì più serio d’ogni mia occupazione era mio nipote. L’avevo condotto in Francia con me, sapendo quanto giovino