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288 | parte terza |
situazione del paese, come per le delizie che vi si trovano. Vi si rappresentavano anche per turno gli spettacoli di Parigi, ed ogni autore preferiva di espor qui le sue nuove produzioni. In somma vi era spettacolo quattro volte la settimana; e vi si aveva ingresso con biglietti, che venivan dispensati dal capitano delle guardie d’ispezione. Mi presento un giorno con uno di questi biglietti alla porta d’ingresso, che non era ancora aperta, ed essendo de’ primi, speravo d’entrarci con maggiore facilità e di poter scegliere posto a mio piacere. Ma che? non è possibile di star più stretto ed affollato di quello che io fossi all’ingresso; ed arrivato alla sala, la trovo così piena di gente, che sono obbligato a prender posto sull’ultima panca. Tutta questa gente non era tuttavia passata dalla porta ove si presentavano i biglietti. Ma io non mi curai di sapere di più; presi subito un’altra risoluzione, e me ne trovai bene. Avendo buone conoscenze nel corpo diplomatico, mi fu permesso di seguire la comitiva dei ministri esteri, onde ero benissimo collocato, e vidi lo spettacolo col maggior agio. Il cavalier Gradenigo, ambasciatore di Venezia, avendo sempre riguardi verso di me, mi procurò in quest’occasione l’onore di conoscere il signor Estevenon di Berkenrod, ambasciatore di Olanda, da cui venni in sèguito onorato sempre della sua protezione; ed era in questo rispettabile corpo, ch’io passava gradevolmente una buona parte del mio tempo. Eccoci pertanto nel giubilo, nei piaceri, nei divertimenti; ma tutto cangiò aspetto alla metà della villeggiatura. Non era possibile che il Delfino sostenesse più a lungo con indifferenza l’interno fuoco che lo consumava: divenuto inutile il coraggio, le forze lo abbandonarono, ed eccolo prostrato in letto. Si fa generale la costernazione; la malattia s’inoltra spaventevolmente: la medicina non ha più compensi: onde si ricorre alle preghiere. Monsignore di Luynes, arcivescovo di Sens ed ora cardinale, recavasi ogni giorno processionalmente, seguito da infinito popolo, alla cappella della Madonna posta in fondo della città, ove fecesi voto di erigervi un tempio, quando per intercessione della Madre d’iddio fosse stata restituita la salute al moribondo principe; ma già era scritto negli eterni decreti della Provvidenza, che egli non dovesse compiere il corso naturale della vita, e morì a Fontainebleau verso la fine di dicembre. Ero al castello in un momento così fatale; e siccome la perdita era grande, generale fu la desolazione. Alcuni momenti dopo sento gridare per tutto l’appartamento: Monsieur le dauphin, messieurs; a questa voce rimango muto, non so che cosa sia, nè dove io mi sia. Era questi il duca di Berry, figlio maggiore del defunto, che, divenuto erede presuntivo della corona, asperso di pianto, veniva a consolare con la sua presenza l’afflitto popolo. Questa villeggiatura, che doveva aver fine alla metà di novembre, era stata prolungata fino al termine dell’anno. Tutti bensì erano impazienti di partire, come me: cedetti per altro il luogo a quelli il cui servizio era più necessario, e partii degli ultimi.
L’annata era pessima; la molta neve caduta ed il ghiaccio delle strade non permettevano a’ cavalli di reggersi in piedi; fui dunque obbligato ad impiegare due giorni ed una notte per far questa gita, che può compiersi in sette ore di tempo. Giunto a Versailles, ricevo subito la visita di un domestico del castellano, il quale da parte del suo padrone mi domanda la chiave del mio appartamento. Passato all’altra vita il Delfino, veniva soppresso il posto del chirurgo ostetrico della principessa Delfina; e la medesima non aveva più diritto di disporne, nè io di goderne, essendo stato quell’alloggio, per quel