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284 parte terza

CAPITOLO VIII.

Mio alloggio a Versailles. — Viaggetto della Corte a Marly. — Alcune osservazioni sopra questo luogo delizioso. — Il gran viaggio della Corte a Compiègne. — Alcune parole sopra questa città e le campagne di quell’anno. — Morte dell’infante don Filippo duca di Parma. — Mio viaggio a Chantilly.

A capo a sei mesi del mio impiego, ebbi l’alloggio nel castello di Versailles, ove mi fu assegnato l’appartamento destinato al chirurgo ostetrico della principessa Delfina. Di questo appartamento ella poteva disporre a suo talento, atteso il cattivo stato di salute in cui allora trovavasi il principe Delfino. Nel mese di maggio di quell’istesso anno 1765 ebbe luogo un viaggetto a Marly; io pure seguitai le principesse, e per conseguenza godetti di quel delizioso soggiorno. Dopo avere veduto il giardino delle Tuileries, ed il parco di Versailles, credevo che verun’altra cosa in simil genere fosse capace di recarmi maraviglia; ciò nonostante, la situazione e l’amenità del giardino di Marly, mi fecero tale impressione, che ero quasi per dare la preferenza a questo luogo d’incanto, se la memoria della vastità e delle ricchezze degli altri non avesse posto un freno a’ miei confronti. Tutti coloro che han veduto questo castello, il suo giardino, il suo immenso parterre, i deliziosi suoi spartimenti, i suoi vaghi disegni, i diversi scherzi e le varie cascate d’acqua, debbono rendermi giustizia; ed oltre a ciò, il mio parere è appoggiato a tutte le descrizioni esatte che noi ne abbiamo. Quello però che sommamente accresce il piacere e la delizia di questa villeggiatura, è la sala da giuoco. Tutti, purchè conosciuti, possono avervi libero ingresso, ed havvi poi uno spazio balaustrato per quelli che non vogliono, o non possono penetrare nel circolo. Quanto a me, preferii il posto nel balaustro, per esser meglio a portata di vedere per la prima volta in quel magnifico salone l’arrivo del re e del suo sèguito. E fu veramente un colpo d’occhio dei più maravigliosi, quando entrò in questa stanza il re, seguito dalla regina, dai principi e dalle principesse, e da tutto il suo corteggio, col quale andò subito a prender posto a una gran tavola, circondata da quanto vi ha di più grande nel regno. In quel giorno la regina faceva la sua partita al cavagnol; e la Delfina con le altre principesse di Francia si divertivano a diversi altri giuochi. Sono scorto là dove io mi era collocato; sono invitato a scendere; ed eccomi ad un tratto confuso nella folla dei signori, dei duchi, dei ministri, dei magistrati. Al tavolino del re, dove ciascuno teneva a vicenda il suo banco, si giuocava al giuoco detto il lansquenet. Si diceva che Luigi XV fosse fortunatissimo nel giuoco; aspettai che toccasse a lui a tenere il banco; giuocai sei luigi per conto mio in favor del banco, e vinsi.

Il re parte, e la famiglia reale lo sèguita. Rimangono però tutti gli altri, e si giuoca allora come si vuole, e di quanto si vuole. Fuvvi infatti una dama che si trattenne al suo tavolino un giorno e due notti, ordinando di tempo in tempo cioccolata e biscottini, affine di alimentare il suo stomaco e la sua passione. Nonostante i piaceri che formavano lo scopo principale di codesta dilettevole villeggiatura, avevo però ogni giorno le mie ore fisse, per occuparmi con le principesse. Incontro un giorno una delle mie auguste scolare mentre passava per andare a tavola; mi guarda e mi