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282 parte terza


l’italiano a maraviglia, che aveva notizie delle mie opere, e che era di cuor ottimo, officiosa, cortese, ebbe la bontà d’adoprarsi a mio favore. Le avevo esternato il mio affetto per Parigi, e il mio rammarico nel vedermi costretto ad abbandonarlo; essa perciò prese gentilmente l’impegno di far parola di me alla corte, cui per buona sorte io non era del tutto ignoto: in fatti otto giorni dopo mi fece partire per Versailles. Ci vo senza frapporre indugio, e smonto alle piccole scuderie del re, ove la signorina viveva insieme co’ suoi, tutti impiegati al servizio della famiglia reale. Dopo un accoglimento il più grazioso, amabile e sincero, ecco il resultato del nostro primo colloquio, ed ecco incominciato e compito in quell’istesso felice giorno un affare per me importantissimo. Ero conosciuto dalla principessa Delfina, che avea veduto recitare in Dresda le mie commedie; oltre a ciò, se le faceva anche leggere; onde la sua leggitrice non mancava in quella occasione di abbellirle, e di farvi entrare di tempo in tempo dei discorsi in favor dell’autore, mediante i quali ella si condusse sì bene con la sua real padrona, che questa principessa le promise di onorarmi colla valevole sua protezione, e d’impiegarmi alla corte. Veramente questa principessa avrebbe avuto intenzione di pormi forse al fianco de’ suoi figli, ma essi erano in un’età troppo tenera per occuparsi dello studio d’una lingua straniera. Siccome però le principesse di Francia, figlie di Luigi XV, avevano imparato i principii della lingua italiana dal signor Hardion, bibliotecario del re a Versailles, e tutte quante avevano gusto per la letteratura italiana, la principessa Delfina profittò adunque di questa fortunata occasione, indirizzandomi alla duchessa di Narbona, già da lei avvertita in mio favore, affinchè fossi da questa dama presentato alla principessa Adelaide di Francia, alla quale aveva allora l’incarico di porre le gioie, ed ora era dama d’onore. Per una felice combinazione avevo già avuto l’onore di conoscere la duchessa di Narbona alla corte di Parma; onde venni accolto benignamente, e fui da lei presentato il giorno stesso alla sua augusta padrona. In questa guisa mi trovai nel momento destinato al servizio delle principesse di Francia. In quell’atto non mi fu fatta proposizione alcuna riguardo al mio assegnamento, ed io, lieto d’un impiego tanto onorevole, sicuro della generosità delle auguste mie scolare, me ne partii contentissimo. Partecipai subito una sì avventurosa sorte a mia moglie, che al par di me ne riconobbe il pregio; presi in sèguito congedo dal Teatro italiano, cui forse non dispiacque di non aver più che fare con me, e ricevetti con piacere le cordiali congratulazioni delle persone che s’adopravano per me. La persona che più d’ogn’altra conosceva a fondo quali avanzamenti poteva portarmi quel fortunato incontro, era il signor cavalier Gradenigo ambasciatore di Venezia, e successore del signor Tiepolo. Quell’illustre patrizio era amico intimo del signor duca di Choiseul. Egli ebbe la bontà di raccomandarmi a questo ministro, che allora presedeva ai due dipartimenti più cospicui, quello cioè degli affari esteri e all’altro della guerra, e che meritamente era il personaggio più accreditato in corte di Francia, e più considerato in Europa.

Provvisto d’un impiego così decoroso, ed assistito da protezioni così valevoli, ognun vede che in Francia avrei dovuto fare una bella fortuna: è tutta mia la colpa se presentemente non ne godo che una mediocre. Ero, è vero, in Corte, ma non ero però cortigiano. La principessa Adelaide fu la prima ad occuparmi per l’esercizio della lingua italiana. Non avevo ancora preso stanza a Versailles,