Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
254 | parte seconda |
piano, non perde la speranza di riveder la sua bella. Intanto la signora Cecilia, ch’è la maritata, e che aveva scelto il primo appartamento, ci comparisce con un conte forestiero che sostiene con lei l’onorevole carica di cicisbeo. Meneghina l’aveva preceduta, ed era molto malcontenta della camera che le era stata destinata. In Italia gli ultimi che arrivano sono i primi a ricever visita; per tal ragione adunque le due sorelle del secondo piano domandano il permesso di far visita a quelle del primo, ed ecco queste nel maggiore imbroglio; vorrebbe ognuna ricever la visita particolarmente, ed oltre a ciò, siccome l’appartamento che abitano non è per anche in ordine, fanno dire che non v’è nessuno e la visita passa per fatta.
La signorina però di sotto non ha altra premura maggiore che di far visita alle sue parenti di sopra, onde ci va senza farne parola alcuna alla cognata. Ella adunque vien benissimo accolta, seguono molte cerimonie sì da una parte come dall’altra, tutte sono illustrissime, nè vi è miseria di titoli. Le due sorelle del secondo piano, la prima delle quali era maritata, conoscevano già chiaramente l’inclinazione del loro cugino per Meneghina. Quando essa fecesi annunziare, Lorenzin appunto era da loro, onde lo nascosero in uno stanzino per procurarsi il piacere di una piacevole sorpresa. Nel momento ch’elleno son decise a far venire il giovane, si dà avviso che la signora Cecilia sale: Lorenzin adunque resta sempre nel suo nascondiglio, e Meneghina séguita a non saperlo. Qui Cecilia sgrida la sua cognata perchè è salita da quelle signore senza avvertirla; ma Meneghina, che ha già fatto la sua visita, in quell’atto istesso se ne va.
La conversazione pertanto delle tre signore che rimangono, riesce molto comica. Vi si trova infatti un mescuglio di superbia e di piccolezza, un’infinità di pretensioni e di ciarle, e sopratutto dell’indiscretezza per parte di Cecilia riguardo alla sua cognata. Le due sorelle se ne prendono giuoco, e domandano a lei la ragione per la quale Anzoletto non dia marito a Meneghina. Cecilia, sempre pronta a dirne più male che bene, risponde ch’essa aveva un amante dirimpetto alle finestre della casa da lei ultimamente lasciata, e che questi era un cattivo soggetto, dicendone financo il nome. Le due sorelle allora prendono le difese del cugino: la conversazione termina male, ecco tutti in iscompiglio; Lorenzin, poichè aveva ascoltato tutto, vuole assolutamente sfogare la sua collera col marito di Cecilia. Vi è però per Anzoletto di peggio. Il proprietario della vecchia casa ha messo il sequestro ai mobili di lui, per motivo di pigioni insoddisfatte, e i provveditori della nuova minacciano di far lo stesso. Anzoletto pertanto si ritrova nel maggior impiccio, e ricorre al conte da cui vorrebbe in prestito del danaro; ma il cicisbeo della moglie non è troppo cortese verso il marito. Mentre tutto è scompiglio nel primo appartamento, si tratta con ogni premura nel secondo dell’accomodamento delle cose. Anzoletto ha uno zio molto ricco, ma disgustatissimo della condotta di suo nipote. Questo zio, che si chiama il signor Cristoforo, è un vecchio amico del marito della sorella maggiore che abita il secondo appartamento: ella dunque lo manda a cercare, e gli partecipa l’inclinazione di Lorenzin verso la signora Meneghina. Cristoforo è un poco selvatico, ma di buon cuore, ama la sua nipote ed acconsente benissimo a maritarla; onde alle istanze della moglie del suo amico si piega in favore di Anzoletto. Paga i debiti di lui, si rappacifica col nipote, ma a condizione che tanto egli quanto sua moglie cambino modo di vivere. Ecco il germe del Burbero benefico. La Casa