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capitolo xxxiii | 235 |
ed annoiato dal Fiorentino era prossimo a lasciar Ferrara, sempre però indeciso, se ceder dovesse alle premurose istanze del Veneziano, o piuttosto a quelle del Napoletano. In questo mentre giunge da Roma un personaggio chiamato Patrizio, che a nome degli accademici di quella capitale del mondo cristiano, invita il Tasso ad andare a ricevere in Campidoglio la corona poetica di cui era stato onorato il Petrarca. Il Tasso dunque, preferendo l’onore a qualunque altro vantaggio, accetta la proposizione, ed abbandona le rive del Po per andare a cercare la sua consolazione sul Tevere; ove veramente l’avrebbe forse trovata, se la morte non avesse reciso il filo de’ suoi giorni e delle sue speranze. Questa commedia ebbe un incontro sì generale e costante, che per voce pubblica fu messa nella classe, non dirò già delle migliori, ma bensì delle più felici mie produzioni.
CAPITOLO XXXIII.
- Avvertimento sulla data delle mie Commedie. — L’Egoista, commedia di cinque atti in versi. — Qualche parola su questa commedia. — La bella Selvaggia, commedia di cinque atti in versi. — Il Campiello, commedia di cinque atti in versi liberi. — Suo magnifico successo. — La buona Famiglia, commedia di tre atti in prosa. — Suo mediocre incontro.
Continuando a render conto delle mie commedie dell’anno 1755, trovo che L’amante di sè stesso appartiene a quest’epoca; quantunque in una edizione straniera porti la data dell’anno 1747, tempo, nel quale scrivevo per il teatro Sant’Angelo, e tre anni avanti che incominciassi a fare uso del verso nelle mie commedie. In quest’occasione avverto il lettore di non prestar fede alle date delle mie Opere stampate, essendo quasi tutte false. Parlo adunque adesso dell’Egoista. Il conte dell’Isola, protagonista della commedia, apre la scena con il signor Alberto; prendono la cioccolata, insieme, e ciarlando, fanno conoscere il carattere di detto conte.
Questi è un giovane di qualità, che ha ingegno, e che ama tutto quello che il mondo ha di amabile, procurando però di goderne senza verun suo disturbo e senza prender decisa passione a veruna cosa. Agisce infatti nella commedia in conseguenza de’ suoi principii. È alloggiato in casa di un suo amico in campagna, ove sono alcune signore, trattando le quali ora fa la corte a questa, ora a quella; ma per poco che egli vedasi compromesso o inquietato, si ritira da qualunque impegno nel momento istesso. Il conte è unico nella sua famiglia, ed è ricco; si vorrebbe perciò dargli moglie: egli non ha avversione al matrimonio, ma si propone di essere o buon marito, o buon amico; e siccome non sarà molesto alla moglie, così non vuole che la moglie sia tale in alcun modo a lui. Havvi nel castello di Monte Rotondo, ove segue la scena, una signorina di qualità chiamata la donna Bianca, la quale comparisce al conte oggetto degno della sua attenzione, e di qualità personali analoghe alla sua maniera di pensare. Si mescolano in tale affare gli amici sì dell’una come dell’altra parte, e segue il matrimonio. Questa commedia ebbe sufficiente incontro, e le fu dato posto nella seconda classe delle mie commedie. Alcuni giorni dopo feci andare in scena La Bella Selvaggia, commedia il cui argomento è desunto dai viaggi dell’abate Prévot. Gli Spagnuoli fanno la scoperta di