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capitolo xxxi 231

somministrò il mezzo di ravvivarlo. Due nasi mostruosi, e somigliantissimi nella loro deformità, avevano dato luogo ad un processo, che aveva tenuto nel più grande imbroglio per molto tempo e i difensori e i giudici. Applicai pertanto uno di questi due nasi al marito della governante, e l’altro all’impostore che voleva soppiantarla. Chi conosce la composizione francese potrà giudicare se io l’abbia guastata, o resa piacevole senza recar pregiudizio alla nobiltà ed importanza del soggetto. Vero è che gl’Italiani non si accorsero che fosse un’imitazione; ma io lo dissi a tutti, credendomi abbastanza onorato di dividere gli applausi con una donna rispettabile, che faceva onore alla sua nazione in egual modo che al sesso.

La vista di Parma mi aveva anche richiamato alla memoria la battaglia che vi avevo veduta nel 1746; laonde per variare soggetti nelle mie opere composi una commedia intitolata: La Guerra. Avevo trattato un tema di questa sorte nella commedia: Dell’Amante militare; ma troppe cose mi restavano tuttavia da dire su tale argomento, onde mi estesi in questa assai più che nell’altra. L’azione principale di essa è l’assedio di una fortezza; ed il luogo della scena è ora al campo degli assedianti, ora nella piazza assediata. Da me non si nominano nè il luogo, nè le potenze belligeranti, per evitar così l’inconveniente di dispiacere alla nazione alla quale venisse in idea di essere stata nella mia composizione meno ben trattata. Questa composizione è più comica che importante. Il quadro dell’armistizio delineato dietro le tracce di quello da me veduto all’assedio di Pizzighettone, forma un colpo d’occhio maraviglioso, e che diffonde molta vivezza nella commedia. Vi è un luogotenente storpiato, il quale, malgrado le sue grucce, vuol essere a parte di tutti i divertimenti, si batte qual paladino e vuole far fronte a tutte le donne del paese. Non tratto con troppo riguardo un commissario di guerra, che anticipava le paghe agli uffiziali con un interesse proporzionato ai rischi della guerra. Ebbi forse torto, ma non mi ero per altro levato nulla di capo, poichè me n’era stato parlato, mi era stato fatto conoscere, e per questo lo misi in scena senza nominarlo. Tale commedia non lascia di avere i suoi innamoramenti; ve ne sono nel campo, ve ne sono nella città: si vedono uffiziali arditi, famiglie in disordine; ma la pace tutto accomoda, e con la pace appunto si pone termine alla commedia. La Guerra ebbe un successo sufficiente, e si sostenne sino alla fine dell’autunno, ma la commedia che le successe e che fece l’apertura del carnevale, fu molto più fortunata, e produsse molto più guadagno ai comici e contento all’autore: questa fu Il Medico olandese. Feci a Colorno la conoscenza del signor Duni. Quest’uomo, che indipendentemente dal suo ingegno aveva molto brio e molta letteratura, era stato soggetto agl’istessi vapori ipocondriaci di me. Facevamo perciò lunghe passeggiate insieme, e i nostri discorsi andavano quasi sempre a cadere sopra i nostri mali, ora reali, e bene spesso immaginari. Mi raccontò un giorno, che era stato a Leida in Olanda per vedere il celebre Boerrhaave, e consultarlo intorno ai sintomi della sua malattia. Quest’uomo tanto rinomato, a cui venivan lettere fino dalla China con questa direzione.: Al signor Boerrhaave in Europa, aveva un’egual cognizione sia delle malattie del corpo come dello spirito; onde propose per unico rimedio all’ipocondriaco professore di musica di cavalcare, divertirsi e vivere secondo il suo solito, guardandosi da qualunque specie di medicamento.

Questa ordinazione mi parve del tutto uniforme a quella del mio