Pagina:Goldoni - Memorie, Sonzogno, 1888.djvu/230

228 parte seconda


questo colloquio forma appunto l’argomento della commedia. Filiberto non ha neppure l’ombra del dubbio che possa esservi una reciproca inclinazione tra la sua figlia ed il giovine uffiziale; ma vedendo questo giovine già lasciato dal medico e dal chirurgo divenir malinconico ed afflitto un giorno più dell’altro, sospetta che alcuni taciti disgusti gli cagionino una malattia di cuore, e ne tien discorso alla sua figlia in modo da farle temere che si sospetti esserne lei la cagione. Ma questo buon padre, che l’aveva già promessa in matrimonio ad un giovine molto ricco, che di momento in momento era aspettato di ritorno dalle Indie, troppo ha fiducia nella virtù di sua figlia per dubitarne: inclina piuttosto a credere che il giovine uffiziale ami Costanza, amica di Giannina; ed essa ponendo in dimenticanza la buona fede che sommamente regna fra le donne della sua nazione, profitta dell’errore di suo padre, confessando che De la Cotterie ama realmente Costanza, ma che per essere il padre di lei ricchissimo e scortesissimo finanziere, dispera di poterne giungere al conseguimento. Filiberto ne parla a De la Cotterie, che, essendo già avvertito da Giannina, conferma l’asserzione di lei: il negoziante dunque s’incarica di farne la dimanda; ma il venal finanziere ricusa subito il partito. Filiberto n’è irritato, ed in vendetta consiglia l’uffiziale a portar via Costanza, e gli somminstra il danaro occorrente per effettuare il disegno. Il giovine profitta del consiglio, riceve il danaro, e rapisce invece la figlia di Filiberto. Fin qui il fatto storico; io poi l’aveva adornato e rifiorito in una maniera decente e assai piacevole. Figurai che la signorina rapita fosse nascosta in casa di una zia, ponendo così il padre nel caso di esser forzato a concederla al rapitore: come però trovare il modo di giustificarlo? qui veramente mi costò un poco di fatica: un uomo onorato, un militare... Ne sono escito però molto bene. L’età, l’amore, la comodità, il consiglio del padre... In una parola, leggete la commedia, e vedrete che a tutto è pensato, a tutto vi è risposta. Essa ebbe un pienissimo incontro. Se ne giudicò assai delicata la condotta, finissimo e molto piacevole il lavoro; vi sono scene ed equivoci che nascono spontaneamente e si sostengono senza sforzo, talchè essa pure è una delle mie commedie favorite.

Eccovene però un’altra che incontrò anche di più, ed è La Donna di maneggio, commedia di tre atti in prosa. Donna Giulia, moglie di don Properzio, è una dama di qualità, che per il suo ingegno e le sue amabili maniere gode la stima de’ suoi eguali e la protezione della Corte. Ella è attiva, cortese, generosa, si prende a cuore gli affari altrui come quelli della sua famiglia, protegge le arti e le scienze, solleva i poveri, riconduce la pace nelle famiglie discordi e la consolazione a coloro, i cui affari sono in disordine.

Ecco il ritratto della donna stimabile che forma il protagonista della commedia, e di cui avevo l’originale sotto gli occhi. Non sarebbe possibile che ne dessi l’estratto senza descriverne tutte le particolarità dal principio al fine; dirò dunque soltanto che vi si trova azione, divertimento, caratteri, sospensione, brio comico; chi bene intende l’italiano, non ne sarà scontento.

Alle tre piacevoli commedie da me date, ne feci succedere una quarta di genere totalmente diverso. Questa è L’Impresario di Smirne, commedia di tre atti, ch’era in versi la prima volta che la diedi, e che ebbe poi un maggiore incontro ridotta in prosa, come sta attualmente. Un Turco, chiamato Alì, negoziante di Smirne, si reca per alcuni suoi affari a Venezia; va all’Opera, e gli viene