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224 | parte seconda |
Pas. È il signor Fulgenzio che desidera riverirlo.
Ber. Padrone, padrone. Venga il signor Fulgenzio; padrone.
Ful. Riverisco il signor Bernardino.
Ber. Buon giorno, il mio caro amico. Che fate? State bene? E tanto che non vi vedo.
Ful. Grazie al cielo sto bene quanto è permesso ad un uomo avanzato che principia a sentire gli acciacchi della vecchiaia.
Ber. Fate come fo io, non ci badate. Qualche male si ha da soffrire; ma chi non ci bada lo sente meno. Io mangio quando ho fame, dormo quando ho sonno, mi diverto quando ne ho volontà, E non bado, non bado... E a che cosa si ha da badare? Ah, ah, ah, è tutt’uno! Non ci si ha da badare (ridendo).
Ful. Il cielo vi benedica; voi avete un bellissimo temperamento. Felici quelli che sanno prendere le cose come voi le prendete!
Ber. È tutt’uno, è tutt’uno, non ci si ha da badare (ridendo).
Ful. Sono venuto ad incomodarvi per una cosa di non lieve rimarco.
Ber. Caro signor Fulgenzio, son qui, siete padrone di me.
Ful. Amico, io vi ho da parlare del signor Leonardo vostro nipote.
Ber. Del signor marchesino? Che fa il signor marchesino? Come si porta il signor marchesino?
Ful. Per dir la verità, non ha avuto molto giudizio.
Ber. Non ha avuto giudizio? Eh capperi! mi pare che abbia più giudizio di noi. Noi fatichiamo per vivere stentatamente, ed ei gode, scialacqua, tripudia, sta allegramente: e vi pare ch’ei non abbia giudizio?
Ful. Capisco che voi lo dite per ironia; e che nell’animo vostro lo detestate, lo condannate.
Ber. Oh! Io non ardisco d’entrare nella condotta dell’illustrissimo signor marchesino Leonardo. Ho troppo rispetto per lui, per il suo talento, per i suoi begli abiti gallonati (ironico).
Ful. Caro amico, fatemi la finezza, parlatemi un poco sul serio.
Ber. Sì, anzi, parliamo sul serio.
Ful. Vostro nipote è precipitato.
Ber. È precipitato? È caduto forse di sterzo? I cavalli del tiro a sei hanno forse levato la mano al cocchiere?
Ful. Voi ridete, e la cosa non è da ridere. Vostro nipote ha tanti debiti, che non sa da qual parte scansarsi.
Ber. Oh! quando non c’è altro male, non è niente. I debiti non faranno sospirar lui, faranno sospirar i suoi creditori.
Ful. E se non vi è più roba nè credito, come farà egli a vivere?
Ber. Niente; non è niente. Vada un giorno per uno da quelli che hanno mangiato da lui, e non gli mancherà da mangiare.
Ful. Voi continuate sul medesimo tono, e pare che vi burliate di me.
Ber. Caro il signor Fulgenzio, sapete quanta amicizia, quanta stima ho per voi.
Ful. Quando è così, ascoltatemi come va, e rispondetemi in miglior maniera. Sappiate che il signor Leonardo ha una buona occasione per maritarsi.
Ber. Me ne consolo, me ne rallegro.
Ful. Ed è per avere otto mila scudi di dote.
Ber. Me ne rallegro, me ne consolo.
Ful. Ma se non si rimedia alle sue disgrazie, non avrà la figlia e non avrà la dote.