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capitolo xxviii | 221 |
lungi dall’opporsi alle proposizioni di un uomo stimabile, si faceva anzi un onore ed un piacere di aderire alle paterne insinuazioni, riguardando come preciso suo dovere l’uniformarsi ai desiderii di quella persona per cui pareva dal cielo destinata. Ma poi essa non era, fino a quel giorno, debitrice a Leonardo di cosa alcuna, e molto meno suo padre; onde, essendo ambedue nell’impegno di condurre seco loro in campagna un uomo onorato, giovine savio e rispettabile, sarebbe stata un’azione sommamente indegna il non condurlo; che però chiunque esigesse per prima testimonianza di considerazione il sacrifizio della civiltà e della convenienza, non potrebbe mai sperare di meritar la sua stima e molto meno di possedere il suo cuore. Filippo resta incantato alla prontezza e all’energico parlare di sua figlia; e Leonardo, che è amante ed è inferiore di ingegno alla sua bella, riman persuaso delle ragioni di lei e la lascia arbitra del suo volere: Fulgenzio poi dice da sè solo, che se fosse giovine, non sposerebbe Giacinta quando anche avesse un milione di dote. Frattanto arriva Guglielmo, i cavalli son pronti, la brigata è combinata: tutti stanno per partire, altro non vi è che una piccola mutazione proposta da Giacinta medesima, cioè che Leonardo andrà in compagnia sua e del genitore, ed una vecchia zia e Guglielmo con la signorina Vittoria e la cameriera di lei. Troppo era accorto questo giovine per esser dolente di questo cambio; sapeva soffrire, ed aspettava il momento favorevole; lo trovò di fatti in campagna, e seppe profittarne. Questo appunto è il soggetto principale della seconda commedia.
CAPITOLO XXVIII.
- Séguito del capitolo precedente. — Le Avventure della villeggiatura, commedia in prosa di tre atti.
Il sèguito delle Smanie della villeggiatura da me esposto un anno dopo, ha per titolo Le avventure della Villeggiatura, nella quale fra il riso, i giuochi ed i passatempi sempre dispendiosi e sempre varii, procuro di criticare la follia della dissipazione e i pericoli di una libertà senza limite. Intervengono anche in questa seconda commedia, ad eccezione del vecchio Fulgenzio, i personaggi medesimi che hanno avuto parte nella prima, con altri sette, che sono la signora Sabina vecchia zia della signorina Giacinta, la signora Costanza e Rosina sua figlia, parenti di Filippo e di Leonardo, ed un giovine chiamato Tognetto, figlio del medico del villaggio, che per la sua imbecillità si rende il ridicolo del paese.
Nella prima di queste composizioni non ho fatto parola alcuna di un altro personaggio del tutto comico ed originale che ha parimenti parte nella presente, e questi è un parasito che va a prender posto ora in casa degli uni ora in casa degli altri, uno di quei soliti impacciosi che entrar vogliono in tutto che tengono divertita la brigata, che adulano i padroni e sono un vero tormento per la servitù. La gente di servizio di Filippo unitamente a quella de’ suoi ospiti parenti aprono la scena. Brigida cameriera di Giacinta fa loro da colazione, dando loro vino, cioccolata, caffè e biscotto: intanto si tien crocchio sopra i padroni, e secondo il solito se ne dice male. Tutti gli altri servitori poi nelle respettive case danno per turno da colazione agli altri. Nel primo atto non si trova nulla d’importante, e solo comincia a destare qualche grato effetto il prin-