Pagina:Goldoni - Memorie, Sonzogno, 1888.djvu/195


capitolo xvii 193


edizione. Ai primi d’ottobre ci riunimmo tutti in Venezia, e per prima commedia vi esponemmo L’Avaro geloso. Mi riuscì di dipingere il protagonista di questa commedia nella vera sua natura. Fu appunto in Firenze, ove a scorno dell’umanità viveva quest’uomo, e me ne fu fatta la genuina istoria ed il ritratto. Costui era dominato da due vizi egualmente odiosi, e per il contrasto delle sue passioni si ritrovava spesso in condizioni veramente comiche. E una cosa ben bizzarra il vedere un marito eccessivamente geloso, ricevere egli medesimo un vassoio di argento con cioccolata, una boccetta d’oro piena di acqua odorosa, e poi tormentar la moglie dicendole, aver essa dato motivo ai suoi adoratori di farle simili donativi. La malvagità di questo carattere è, parlando schietto, da ributtare; nulladimeno la commedia si sarebbe sostenuta se l’attore incaricato della parte principale non fosse stato per natura tanto disgraziato e al pubblico in così poca stima. Per una parte così cattiva credetti di far bene scegliendo un uomo che per sè stesso non ci scomparisse, essendo pure di opinione che la sua magrezza, la sua fisonomia e la sua voce fessa convenissero appunto a questo carattere; ma m’ingannai. Assegnata però di lì a pochi anni la medesima parte al Rubini, Pantalone della compagnia, questa istessa commedia, andata a terra la prima volta che fu rappresentata, divenne in séguito una delle commedie favorite di questo attore eccellente. I miei amici non erano punto disturbati dai triste esito della mia prima commedia, e i partitanti del teatro Sant’Angelo dicevano con una certa allegrezza che mi sarei pur troppo pentito di aver lasciata una compagnia che faceva spiccare le mie composizioni. Tali discorsi non m’inquietavano, poichè vivevo nella sicurezza d’impor silenzio a tutti con la mia terza commedia, benchè stessi in infinito timore per il buon successo della seconda ch’ero per dare. Questa fu La Donna di testa debole, o La Vedova infatuata. Donna Violante è una vedova infatuata delle sue attrattive e del suo ingegno, e che si dà grande aria di letterata. Il suo cattivo gusto però la determina sempre alle opere più screditate, fa dei versi che la rendono più ridicola, e la propria leggerezza le fa prendere per elogi le derisioni. Troppo è sincero don Fausto perchè possa piacerle: egli è sventurato, ma sempre costante; onde col mezzo della sua fermezza e sofferenza giunge a disingannare pienamente la sua amante, si guadagna la totale confidenza di lei, e le fa deporre a poco a poco tutte le ridicole pretensioni. Alla prima recita questa commedia andò a terra; cosa da me già preveduta; ond’ebbi per mia disgrazia anche il rammarico di veder verificato il prognostico.

Mi accorsi troppo tardi delle condizioni sfavorevoli a me, ed ai miei comici: infatti non erano questi bastantemente ancora instruiti nel nuovo metodo delle mie commedie, nè io avevo avuto tempo d’insinuar loro quel gusto, tono e maniera naturale ed espressiva, che era il pregio dei comici del teatro Sant’Angelo. Un’altra cosa da valutarsi anche più era la maggior vastità del teatro San Luca, per cui in esso le azioni semplici e delicate, le furberie, gli scherzi, il vero genere comico vi perdevano molto. Si poteva certo sperare, che col tempo il pubblico fosse per adattarsi al locale, ed ascoltar potesse con maggiore attenzione le commedie ben condotte e prese dalla natura; ma sarebbe stato però necessario d’imporre sul principio con argomenti robusti, con azioni che senza essere gigantesche si fossero elevate sopra l’ordinaria commedia. Ecco qual era la mia prima idea; ma il carico della mia edizione