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capitolo xvii | 191 |
tempo, o il Ciarlone imprudente, commedia in tre atti. È una dolce ed utilissima scuola diretta ad evitare i pericoli dell’imprudenza e delle ciarle, poichè Ottavio, uomo di un certo merito, e che non mancava d’ingegno, perde la sua fortuna per motivo di alcuni inconsiderati discorsi ed escite inopportune. La terza poi è La Donna vendicativa, commedia in tre atti, che non è che un leggiero tratto di vendetta dell’autore stesso. Corallina irritatissima di vedermi partire, vedendo l’inutilità delle sue premure per ritenermi, mi giurò un odio eterno. A tale oggetto appunto usai la galante attenzione di destinar per lei la parte della Donna vendicativa; essa non volle rappresentarla, ma io ebbi molto caro di corrispondere con una dolce e decente celia alla vivezza della sua collera.
CAPITOLO XVII.
- Mio passaggio dal teatro Sant’Angelo a quello di San Luca. — Mie nuove condizioni. — Fanatismo del marito della prima attrice. — Pretensioni ridicole del Medebac e del mio libraio. — Mio viaggio in Toscana. — Edizione del mio Teatro in Firenze. — Proibizione della mia edizione a Venezia. — L’Avaro geloso, commedia di tre atti ed in prosa. Suo mediocre incontro. — Discorsi de’ miei nemici. — La Donna di testa debole, commedia di tre atti ed in prosa. Sua caduta. — Osservazioni sopra l’evento di queste due commedie.
Dal teatro Sant’Angelo passai a quello di San Luca, che non aveva alcun direttore; i comici si spartivano fra loro tutto il provento ed il proprietario del locale, che godeva soltanto il benefizio dei palchetti assegnava loro delle provvisioni a proporzione del merito e della anzianità. Dovevo adunque trattare con questo patrizio, e rimettere nelle sue mani tutti i lavori che mi eran sempre pagati nell’atto e prima di leggerli. I miei emolumenti erano quasi raddoppiati; avevo piena facoltà di fare stampare le mie opere, nè obbligazione alcuna di seguitare la compagnia in terraferma; perlocchè la mia condizione era divenuta assai più lucrosa ed infinitamente ancora più onorevole. Ma quale stato può mai trovarsi al mondo tanto felice che seguito non sia da qualche amarezza? La prima attrice della compagnia si avvicinava a gran passi all’età di cinquantanni, ed era già arrivata una avvenente giovine fiorentina per le parti di seconda donna; onde correvo rischio di trovarmi spesso obbligato a dare le parti gravi alla giovine, e quelle d’amorosa alla più avanzata. La signora Gandini, ch’era la prima donna, aveva bastante senno per non permetterlo, ma suo marito dichiarò decisamente di mai e poi mai soffrire che venisse fatto il minimo torto a sua moglie. In tali occasioni il proprietario del teatro, aveva tutto il diritto da parlar da padrone, non ardiva di dar licenza a due personaggi dei più anziani, stati ad un tempo di grandissimo vantaggio alla compagnia. Mi risolsi di parlare in particolare al signor Gandini medesimo, domandando a lui per quanto tempo egli credeva che sua moglie potesse esercitare la sua professione e godere dei guadagni del teatro. — Mia moglie, ei soggiunse, può fare sul teatro una bella figura ancora per dieci anni. — Ebbene, quando sia così, io risposi, ho la parola del padrone, che sarà alla signora Gandini assicurata la pensione e l’intera sua parte per lo spazio di dieci anni, promettendovi poi io dal canto mio di farla agire ed