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capitolo xv 189

dolina sgarbatamente, e deride la debolezza de’ suoi compagni. Contro quest’uomo rozzo e selvaggio appunto essa dirige tutte le sue batterie; in cuore non lo ama, ma è soltanto punta, e vuole assolutamente per amor proprio e per onore del suo sesso vederlo sommesso, punito ed umiliato. Incomincia ad adularlo in bella maniera, fingendo di approvar pienamente il costume di lui e il suo disprezzo per le donne: affetta ella pure il disprezzo per gli uomini, e detesta i due forestieri che la importunano. Nel solo appartamento del cavaliere figura di entrare con tutto il piacere, essendo sicura di non essere annoiata da ridicole sciocchezze. Con quest’artifizio acquista subito la stima del cavaliere che l’ammira, la crede degna della sua confidenza e la riguarda come una donna di buon senso, dando tutti i segni di vederla con piacere. Profitta l’accorta Locandiera di momenti così favorevoli, e raddoppia le attenzioni a riguardo di lui. Intanto l’uomo duro incomincia a concepire qualche sentimento di riconoscenza; diviene amico di una donna che trova singolare, e che assolutamente gli sembra rispettabile. S’annoia se non la vede, va a cercarla egli stesso; alle corte, se ne innamora. Ecco Mirandolina al colmo del contento: ma la sua vendetta non è ancora completa; si propone di vederlo ai suoi piedi, ed essendovi giunta, allora lo tormenta, lo pone in desolazione, lo rende disperato, e, per meglio terminar la scena, sposa sotto gli occhi di lui un uomo del suo stesso ceto, cui ella aveva dato parola da molto tempo. Il successo di questa commedia fu sì strepitoso, che fu messa a comparazione, e quasi al disopra di quel che avevo fatto in questo genere, in cui coll’artifizio supplisco alla mancanza di un vero interesse.

Si stenterà forse a prestar fede, senza leggerla, che l’idee, la condotta, ed il trionfo di Mirandolina, siano verisimili, relativamente al corto spazio di 24 ore. Mi adularono forse in Italia, ma pure mi si fece credere che io non avessi mai fatto nulla di più naturale e di meglio condotto, e dicevano esser l’azione completa e sostenuta perfettamente. In conseguenza della gelosia fomentata nell’animo della signora Medebac dai significanti progressi di Corallina, quest’ultima rappresentazione avrebbe dovuto metterla sotterra assolutamente; ma siccome le sue fisime erano di una specie particolare, lasciò il letto due giorni dopo, e chiese di troncare il corso alle rappresentazioni della Locandiera, con rimettere in scena la Pamela. Il pubblico non aveva più per essa simpatia; ma siccome il direttore non credè di doversi opporre al desiderio di sua moglie, ricomparve dunque sul teatro la Pamela dopo la quarta rappresentazione di una commedia nuova e che aveva avuto incontro. Queste già sono le solite guerricciole, che seguono ovunque il dispotismo prendesi giuoco della ragione. Per me non avevo da dir nulla; si trattava di due mie figlie, ed ero tenero padre sì dell’una come dell’altra.

Fatte alcune recite della Pamela era giusto che toccasse a parlare anche a me, onde feci vedere al direttore, che avevamo ancora alcune nuove commedie da dare, e che non conveniva soddisfare i capricci a scapito del proprio vantaggio. Mi fu dato orecchio, e per questo andò in scena per la prima volta l’Amante militare, da me immaginato in seguito delle cognizioni acquistate nelle due guerre del 1732 e del 1740. Don Alonso, alfiere in un reggimento spagnuolo, nel tempo del quartier d’inverno della truppa, si trova albergato in casa di Pantalone negoziante veneziano, e diviene amante dell’unica figlia del suo buon ospite.