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184 | parte seconda |
partito di andare ella stessa a fare una visita alla marchesa, a cui pone sotto gli occhi, con tutta la possibile decenza, i disgusti che era forzata a soffrire, pregandola di compiacersi di adoprare tutto il suo credito presso il conte a fine di impegnarlo a renderle un poco più di giustizia. Beatrice, punto balorda, comprende subito la maniera di agire della contessa, onde se la cava con espressioni vaghe e complimenti. Essa però spiega al conte tutto il suo furore e malanimo, e lo istiga a tal segno, che finalmente lo determina a disfarsi della moglie. Questo marito crudele concepisce pertanto il barbaro disegno di avvelenarla; per buona sorte la contessa n’è avvertita e lo inganna, facendogli credere di aver trangugiato la micidiale bevanda; onde parla al medesimo come una vittima spirante, che sempre però lo ama e gli perdona. Il conte, penetrato e pentito, confessa i suoi falli e grida aiuto per richiamare in vita la cara consorte, comparisce allora la cameriera che si accusa di aver saputo il segreto, di aver barattata la boccia, e di avere così, a dispetto del padrone, salvato la vita alla signora. A questo dire resta egli rapito dalla gioia, abbraccia di cuore la moglie, ricompensa la cameriera, detesta la marchesa, e da essa prende congedo immediatamente. Ecco il felice scioglimento della commedia che fu generalmente e costantemente applaudita, ed ecco la signora direttrice guarita dalle convulsioni, che la gelosia le aveva causate.
Avendo pertanto fatto fare una magnifica figura alla vecchia e nuova attrice, non bisognava dimenticarsi del Collalto, eccellente ed essenziale attore, quanto le sue compagne. Egli aveva avuto parte nei Due Gemelli, ma non vi era riuscito bene quanto il Darbes suo predecessore, per il qual soggetto appunto era stata composta una tal commedia. Immaginai adunque per questo nuovo attore una commedia dell’istesso genere a un dipresso, facendo recitare nella commedia medesima Pantalone padre e Pantalone figlio; il primo con la maschera, l’altro a viso scoperto, ed ambedue nel medesimo costume. Questa commedia aveva per titolo nella sua prima origine I due Pantaloni, ma attesa la difficoltà d’incontrare in seguito due attori abili quanto il Collalto, mutai nello stamparla questi due personaggi, dando il nome di Pancrazio al padre, e quello di Giacinto al figlio, facendoli entrambi parlar toscano. Con questa mutazione guadagnai la facilità di farli ambedue comparir sulla scena in un tempo medesimo; incontro, che avevo per necessità dovuto evitare, quando sosteneva le due parti un solo attore. La commedia quanto alla maraviglia di vedere un sol uomo in due personaggi diversi, scapitò assai, ma la composizione è sempre la stessa, e mi accingo appunto a dir di essa qualche cosa relativamente alla sua nuova forma, nella quale fu intitolata I Mercanti. Pancrazio, negoziante veneziano, ha un amico intimo che esercita la stessa professione, ed è un olandese molto ricco, chiamato Rainemur, abitante lo stesso paese insieme a Giannina sua figlia, sommamente istruita e giudiziosa. Giacinto, figlio di Pancrazio è portato ai divertimenti ed ai piaceri senza però esser libertino. S’innamora di Giannina, ne è corrisposto, e lo sarebbe ancor più, se avesse buon senso quanto la sua bella: ella stessa però si prende a cuore di correggerlo, ottiene l’intento, e lo sposa. Ecco tutta la sostanza e lo scioglimento della commedia; è però vero, che i caratteri opposti del padre e del figlio, unitamente all’interposizione dell’amico olandese, producono scene assai piacevoli. Non potrei darne i particolari senza passare i limiti propostimi in queste Memorie, onde mi contenterò solamente di dire, che una tale commedia felicis-