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capitolo xiii 181


del cliente, e che per conseguenza il difetto di fiducia della sua parte avrebbe fatto perdere al medesimo la sua riputazione ed il suo stato. Florindo resta penetrato da questo sentimento, e si arrende. Frattanto si presentano avanti al giudice le parti litiganti, ed Alberto difende la sua causa con tutta quella forza ed energia che può inspirargli l’onore ed il dovere; vince insomma la lite, e rende infelice la sua bella. Rosaura aveva anche un amante che l’avrebbe sposata quando fosse stata ricca, onde l’abbandona nel vederla soccombente nelle sue pretensioni. Alberto per altro dopo avere adempiti i doveri del suo stato, appaga l’inclinazione del suo cuore, e siccome fu l’istrumento della rovina di Rosaura, offre a lei la mano, la sposa, e così divide seco lei la sua fortuna. Tutti furon contenti della mia commedia: i miei confratelli poi, assuefatti a veder la toga posta in ridicolo in tutte le antiche commedie dell’arte, erano appieno soddisfatti della bella comparsa ond’io la onorai. Ciò non ostante, i maligni non lasciarono di avvelenare l’intenzione dell’autore unitamente al buon effetto della commedia. Uno fra gli altri gridava ad alta voce che la mia commedia non era se non se una critica per gli avvocati, che il mio protagonista poteva dirsi un essere immaginario, giacchè non se ne trovava uno sul registro che fosse stato capace d’imitarlo, e che per conseguenza avevo mostrato il carattere dell’avvocato incorruttibile, per fare maggiormente spiccare la debolezza e avidità di tant’altri che non lo sono, nominando oltre di ciò, quelli stessi che erano in maggior grido per il loro ingegno, come i più da temersi appunto per la loro probità. Forse si stenterà a credere che l’autore della critica fosse di quel medesimo corpo rispettabile, ma il fatto pur troppo è così. Quest’uomo audace ebbe perfino l’imprudenza di vantarsene; ma fu punito col disprezzo universale, e forzato a mutar professione.

Passiamo ora di volo da questa felice commedia a un’altra che non fu meno fortunata: Il Feudatario, il cui soggetto principale è una erede presuntiva di un feudo caduto in altre mani. Le differenze insorte fra la giovine erede e il possessore della terra in questione vengono accomodate col matrimonio di questi due, ma vi sono incidenti molto attrattivi, e la commedia è ravvivata da alcune scene e da caratteri di un’indole del tutto nuova ed originale. I sindaci della comunità di Montefosco aspettano il nuovo signore che deve andare a prendere possesso della sua terra; procurano perciò di adunare tutti i ricchi fittuari e lavoratori del loro villaggio, mettono insieme il discorso per il ricevimento, e salgono al castello, ove trovano madre e figlio. La vista della marchesa li turba, perchè non han preparato verun complimento per lei, onde essendo indecenza il non indirizzarle la parola, dimandano tempo, ed il ricevimento è rimesso. Le donne pure vanno in gala a fare la loro corte alla marchesa, da cui ricevendo rinfreschi, dei quali non hanno idea, prendono per questo il caffè senza mettervi zucchero, e trovan la bevanda detestabile: la cioccolata sembra loro migliore, e la bevono alla salute della padrona. Questa provvisione di caratteri ridicoli fu da me fatta pochi anni avanti a Sanguinetto, feudo del conte Leoni nel Veronese, allorquando vi fui condotto da questo signore per compilarvi un processo verbale. Veramente non saprei dire se questa commedia abbia in sostanza l’istesso merito del Padre di famiglia; è bensì certo che ebbe molto successo, e che in conseguenza della decisione de’ miei giudici io mi trovo ip dovere di rispettarla. Il medesimo caso avvenne alla